L’Europa torna epicentro del terremoto finanziario che ha risvegliato il mondo dopo un paio di anni di relativa tranquillità e torna nelle mani di Mario Draghi il compito di tamponare gli effetti della disastrosa e disarticolata politica dell’Unione. Proprio la scommessa dei fondi speculativi contro il presidente della Banca centrale europea, e contro la sua capacità di mettere l’euro e il vecchio continente al riparo dai rischi d’implosione, sembra ampliare le ondate ribassiste che flagellano i mercati. Le ragioni della turbolenza sono più di una, a partire dal timore di una nuova caduta di Eurolandia in fase recessiva, espresso dal Fondo monetario internazionale nel 40% di probabilità che la previsione si concretizzi. La Francia ha dati di bilancio pessimi e sfora il tetto del deficit previsto dai parametri europei, la rigorosissima Finlandia s’è vista tagliare il rating, cioè l’affidabilità, ed è uscita dal club dei virtuosi della tripla A. La stessa Germania subisce un rallentamento profondo, con la forte caduta di export e produzione industriale che ha portato al ridimensionamento delle stime di crescita. L’Italia fa storia a sé, con il debito pubblico mostruoso che continua a crescere e i sessantasette miliardi di capitali usciti dagli investimenti finanziari nel paese in due soli mesi (agosto e settembre), a cui aggiungere il crollo di piazza Affari nelle ultime sedute.

Al peggioramento dello stato di salute del vecchio continente, fotografato dal ribasso della produzione industriale e dallo spauracchio della deflazione, si sommano le fibrillazioni antieuropee e l’indisciplina dei paesi nel rispetto dei trattati, le sanzioni contro la Russia e le pesanti ritorsioni che pesano sui bilanci delle imprese, l’avanzata del fanatismo islamico, l’ansia anche economica che l’epidemia di ebola porta con sé.

I motivi d’incertezza e trepidazione dunque sono particolarmente marcati e, in questo quadro, l’intenzione espressa dalla Grecia di uscire dai piani di assistenza della troika ha funzionato come un altro allarme e un ulteriore pretesto per le vendite. Il panico dei risparmiatori e dei piccoli investitori è inoltre legato alla possibilità di contagio delle tendenze recessive dall’Europa al resto del mondo, testimoniato anche dalla caduta dei prezzi del petrolio, dalla flessione dei consumi negli Stati Uniti e dal rallentamento della crescita in Cina: la chiamano “grande contrazione” dei mercati finanziari, consiglia di rimanere molto cauti negli investimenti.

Allo stesso tempo torna però a circolare nelle sale operative un sentiment quasi scordato, la sensazione di un piano preordinato contro la stabilità della moneta unica che ricorda quello sventato dallo stesso Draghi nel drammatico luglio del 2012, grazie alla sua frase più celebre: “Faremo qualunque cosa per preservare l’euro”. La posta in gioco è sempre quella: riuscirà l’Unione Europea a sopravvivere con un’unica moneta nonostante le politiche fiscali ed economiche tanto diverse? Cosa potrebbe accadere se la commissione europea dovesse bocciare le leggi di stabilità di Francia e Italia? Draghi ha sollecitato riforme profonde con toni sempre più pressanti ma anche le sue parole non bastano più, le bacchettate ai paesi recalcitranti nemmeno: il presidente Bce da tempo promette di impugnare il cosiddetto bazooka americano, cioè dar corso agli acquisti di bond e obbligazioni sul modello della Banca centrale Usa, ma finora si è trovato di fronte alla barricata rigorista della Germania. In questo conflitto si sono lanciati gli investitori più speculativi e baldanzosi, le cavallette dei mercati: se Draghi perderà la sua battaglia dentro la Bce potrebbe venir compromessa la stabilità dell’euro. E loro potrebbero ingrassare con lauti incassi.