“Salvate il nostro oro”: scritto così sembra l’appello disperato di un popolo alla bancarotta, in realtà è lo slogan con cui i promotori del referendum chiedono l’aumento delle riserve auree di un paese tutt’altro che dissestato, la Svizzera. Domani si vota nella confederazione per impegnare la Banca centrale all’acquisto di 1.700 tonnellate del prezioso metallo, entro il 2019, per una spesa valutata in 70 miliardi di franchi.

Per dire il vero, gli svizzeri potranno pronunciarsi anche su altri due quesiti – lo stop all’immigrazione e la mannaia sui privilegi fiscali dei supermilionari – ma è quello sull’oro l’interrogativo che sta creando qualche sotterranea fibrillazione ai mercati finanziari e potrebbe portare un sorriso tra le mura domestiche degli italiani. I report delle case d’affari danno i primi numeri: Bank of America ipotizza che gli eventuali acquisti possano mettere in moto un rally del 18% dei prezzi del metallo più amato, dopo il crollo del 28% registrato lo scorso anno. Un apprezzamento non trascurabile per Bankitalia, terza al mondo per riserve (dopo Stati Uniti e Germania, davanti a Francia, Cina e Russia) con 2.452 tonnellate. E un toccasana per i bilanci familiari: si valuta che gli italiani abbiano acquistato all’incirca 200 tonnellate l’anno di anelli, fedi, braccialetti, parure, spille nei cinquant’anni che hanno preceduto la crisi del 2008. Insomma, c’è una Fort Knox nelle abitazioni del Belpaese, una riserva aurea da 200 miliardi di euro svenduta solo in parte per far fronte al collasso post-subprime e ora in attesa di essere riprezzata.

L’altro orizzonte nel quale tentano di infilarsi i finanzieri più speculativi è quello valutario: se la banca centrale svizzera sarà costretta a svenarsi negli acquisti di oro, potrebbe perdere forza nel perseguire la sottovalutazione del franco, da lei imposto per sostenere l’export del Swiss made.

L’intento dei referendari ultra-conservatori rimane quello di rafforzare l’indipendenza della confederazione nell’era della turbolenza finanziaria, con evidenti rimpianti per l’era del gold standard quando dettava legge il legame fisso tra il valore del metallo prezioso e quello della moneta. Ma quel sistema è finito e i costi di estrazione restano comunque elevati: per dirla con Milton Friedman, è sensato spendere tanto denaro per dissotterrare oro e poi seppellirlo in un altro “buco”, seppur pregiato come un caveau?