­­­Gelo sulla Grecia, al termine di una giornata che sembrava tutto sommato positiva per le speranze di Atene. In serata la Banca centrale europea ha congelato i fondi al Paese: in termini tecnici ha sospeso la deroga che permetteva alle banche elleniche di ottenere soldi dalla Bce in cambio dei titoli del Partenone, giudicati investimento spazzatura dai rating. D’ora in poi niente euro almeno fino a quando non verrà trovato un accordo soddisfacente sulle macerie della tragedia greca.

Il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, ha dunque chiuso il rubinetto dei finanziamenti e l’ha fatto poche ore dopo aver incontrato il ministro delle finanze Yanis Varoufakis, che era parso fiducioso per l’esito del “colloquio fruttuoso” e per la “eccellente linea di comunicazione” aperta con il primo banchiere d’Europa. Al contrario, le poche parole del comunicato ufficiale di Francoforte ricordano i suoni di una campana a morto e lasciano pochi dubbi: “Attualmente non è più possibile presumere una conclusione positiva della revisione del programma di aiuti alla Grecia” si legge nella nota. Le banche elleniche non potranno quindi accedere alle aste di finanziamento della Bce, avranno invece la possibilità di continuare a chiedere interventi d’emergenza in situazioni di scarsa liquidità: la fuga di capitali di queste settimane, spesso al ritmo di 4-500 milioni di euro al giorno, lascia intuire quanto presto la situazione critica potrà ripresentarsi.

Così mentre Varoufakis e lo stesso premier Tsipras (a Bruxelles) ottenevano strette di mano qualche volta ipocrite, sorrisi solidali, dichiarazioni accondiscendenti o addirittura di sostegno come quella del presidente degli Stati Uniti, è toccato a Draghi il compito di mostrare il bastone al governo ellenico e indicare i limiti della trattativa: niente soldi e nessun Quantitative Easing senza un accordo sulla restituzione del debito di 300 miliardi da parte di uno Stato che ha truccato i propri conti. La rapidissima decisione di ieri è un altolà che fa impallidire milioni di greci e un modo persuasivo di mostrare i muscoli nel braccio di ferro ingaggiato da Tsipras dopo la vittoria elettorale. Assomiglia anche a un lasciapassare per gli oltranzisti dell’euro-rigore sconfitti con il QE.