Marco (Stefano) Belinelli, basta la parola.  Il ragazzo di San Giovanni in Persiceto – 28 anni il prossimo 25 marzo – è nel pieno della maturità agonistica e sta cominciando a raccogliere, uno dopo l’altro, i risultati di una carriera nella quale nessuno gli ha mai regalato nulla. Considerato a lungo, e pure a sproposito, il fratellino “minore” di Bargnani e Gallinari, Marchino è stato il primo italiano a raggiungere i playoff Nba con la maglia dei Chicago Bulls. In estate, poi, la decisione di accettare la corte di San Antonio: guadagnare meno (come già aveva fatto a Chicago) in termini economici per vincere qualcosa.

Scelta vincente di un ragazzo che è rimasto con la passione e l’entusiasmo di sempre. Basti pensare che quando torna a casa, anziché riposarsi, chiama Marco Sanguettoli, l’antico maestro delle giovanili Virtus, per allenarsi ancora e migliorare l’uso della mano mancina. Scelta vincente perché Marco sta tirando da tre come mai non aveva fatto in carriera (attorno al 50 per cento) ricevendo in cambio la convocazione per l’All Star Game di New Orleans. Il 15 febbraio, Marco, sarà uno dei protagonisti della gara del tiro da tre. Prima di lui, nessun italiano.

Palla lunga e pedalare, sempre essere l’input di un ragazzo che continua a lavorare e divertirsi. E soprattutto a sognare la conquista dell’anello: qualcosa che non è mai riuscito ad alcun italiano. Vuol lasciare il segno, Marco, per questo ha fatto scelte controcorrente negli ultimi anni. In una pallacanestro dove si guarda molto all’ingaggio, Marco ha preferito i progetti e le ambizioni.

Facile farlo, quando si parla di milioni di dollari, dite? Eppure sono pochi quelli che decidono di rinunciare a cuor leggero a qualche dollaro in più. Marco lo fa con naturalezza, ricordando di essere un privilegiato che, comunque, guadagna tanto.

Scelte importanti, dicevamo. E per onor di cronaca ricordiamo anche un aspetto che a Bologna qualcuno pare aver dimenticato. Nella città dei canestri, la rivalità chiamata derby, è qualcosa di fondamentale. E a Marco alcuni tifosi Virtus non perdonano il passaggio in Fortitudo. Marco non ha bisogno di difese d’ufficio perché è adulto e vaccinato, ma siccome in un mondo che centrifuga tutto e dimentica in fretta, la storia sembra essere un soprammobile, noi vorremmo rammentare un paio di fatti.

Il primo: se Marco Madrigali, allora presidente della Virtus, avesse fatto firmare a Belinelli  il contratto che aveva maturato come diritto (per aver giocato giovanissimo diverse gare in serie A), la storia avrebbe potuto essere diversa.

Il secondo: per un ragazzo di 17 anni, restare nella sua città, con un tecnico capace di lanciare e crescere i giovani (Repesa), era un modo per non staccarsi brutalmente dall’affetto dei suoi cari. Dalla Virtus alla Fortitudo, insomma, per restare a casa sua, per avere la certezza di  crescere e continuare a inseguire il suo sogno. Quello della Nba.

E adesso che l’ha coronato, andare oltre e vincere un titolo. Una bella storia con un protagonista d’eccezione, Marco Belinelli. Che va sostenuto sempre.