Rivero, la staffetta sbagliata. Chi ha memoria storica e, con i ricordi, riesce a risalire fino al 1970, penserà a un refuso. Rivera nel senso di Gianni, non Rivero. Rivera, l’eroe del 4-3 alla Germania, nella semifinale dell’Azteca.
Nessun refuso, ahinoi. Rivero nel senso di Raul, il rilievo per eccellenza della Fortitudo Baseball. Il lanciatore che l’anno scorso aveva fatto vedere grandi cose, contribuendo al successo in Coppa dei Campioni. Il lanciatore che, il manager Nanni e il direttore sportivo Mura avevano spostato a inizio stagione. Non più partente, ma rilievo di gran lusso per Joey Williamson. Nella stagione regolare e nei playoff Rivero non ha sbagliato un colpo. Pardon, un lancio. Un eliminato dopo l’altro, quasi fosse al tiro a segno nel luna park e non sui diamanti di mezza Italia. Il giocatore più affidabile, una sicurezza…
Fino alla finale scudetto. Prima gara, a Bologna. Fortitudo-Rimini 5-1. C’è Rivero per l’ultimo inning, sembra una sicurezza. Un conto in banca per la Fortitudo. E invece no: un brivido dopo l’altro, Rivero concede il 5 pari a Rimini, fino al fuoricampo su Baez, 6-5 per Rimini e primo magone. Il giocatore che impallinava i battitori, quasi fossero birilli, colpito senza pietà. Pazzesco.
Gara-tre: ultimi inning, Fortitudo avanti 2-1, Raul Rivero ha la grande occasione per il riscatto. Chiudere i conti e portare avanti la Fortitudo, nella serie scudetto, per 2-1.
E invece no, riempie le basi ed espone al massacra Filippo Crepaldi. Il risultato? Ovvio, 2-1 per Rimini, che ringrazia e prende fiducia.
Quarantaquattro anni dopo i 6 minuti di Gianni Rivera, ci sono i 6 punti incassati, al passivo, da Raul Rivero (non li aveva subiti in tutta la stagione) ad allontare la Fortitudo da quel sogno tricolore che non si materializza dall’ormai lontano 2009. Peccato, Raul.