Se impazzite per il basket moderno e vi lasciate trasportare dall’enfasi e dalle urla di chi grida al più semplice dei “sottomano” come a un miracolo, lasciate perdere. Non fa per voi. Se invece, insieme con qualche capello bianco, avete una robusta nostalgia per una pallacanestro pane, salame e sogni a stelle e strisce allora non potrà che conquistarvi. Stiamo parlando di “Vale tutto Le storie segrete della pallacanestro italiana”, l’ultima fatica letteraria di Lorenzo Sani per Italica Edizioni.
Lorenzo negli anni anni è diventato quasi un compagno di banco (nel senso che lavoriamo nello stesso edificio, allo stesso piano, a non più di tre metri (praticamente l’altezza, da terra, del ferro) l’uno dall’altro. Lorenzo, anche se mi dividono da lui solo pochi anni, resta il mito. La penna brillante di una pallacanestro che ci faceva sognare. Lorenzo, quando scriveva di basket per il Carlino, divideva. O lo amavi o lo odiavi (platonicamente, sia chiaro), perché aveva (e per fortuna ha tuttora) un coinvolgimento unico, con una prosa sempre graffiante, mai banale. La ricerca dell’aggettivo ad hoc, la battuta fulminante e folgorante. E, di base, la passione per la pallacanestro e per lo sport in generale. Quasi un visionario, che l’ha portato negli anni a costruire anche l’isola che non c’è, tra Monte San Pietro e Ponte Rivabella, con una creatura che non ha eguali nel mondo (nemmeno le Paralimpiadi uniscono tanto), Happy Hand.
Ma Happy Hand è una tappa estiva ed è un’altra storia. In autunno, come il buon vino, frutto della vendemmia, ecco il suo libro di basket. Dove si mescolano grandi nomi – Mike D’Antoni, Connie Hawkins e Sugar Richardson – a quelli meno noti al grande pubblico, da Ciccio Cantergiani al Tatto Tattini, senza dimenticare Gianni Gualdi, il cestista da una mano sola e Maurizio Gatti, “driver” per eccellenza.
Sono le piccole-grandi storie, riscoperte, arricchite di mille particolari. Che a Reggio Emilia conoscevano, a Bologna e in Toscana pure. Ma rimanevano nei confini delle rispettive parrocchie. Leggende metropolitane da tramandarsi di padre in figlio, ma solo tra le mura amiche. Lorenzo, che ha vissuto in prima persona queste storie, le ha messe insieme. Ha ridato loro vita. Ha riscoperto i personaggi di una pallacanestro che non c’è più ma che tutti, crediamo, vorrebbero ritrovare. E chissà che non sia questo libro, con i suoi personaggi, le sue leggende a spingere i giovani, i più giovani, a lasciarsi alle spalle paure e incertezze. E a correre verso il canestro. Il messaggio, crediamo, di Lorenzo è questo. Si vince e si perde, ma soprattutto si gioca. Adesso, purtroppo, si sta molto a guardare, si gioca meno. Ci sono meno canestri appesi nel piccolo spazio dietro il garage, ci sono meno casalinghe che si lamentano perché quel pallone, palleggiato in maniera quasi ossessiva, è un rumore insopportabile per chi, di primo pomeriggio, fa la pennica. “Vale tutto”, s’intitola. Secondo noi “Vale anche la pena di leggerlo tutto d’un fiato”, perché le storie si mescolano alle favole. La quotidianità si interseca con la leggenda. “Sani da legare” is back: speriamo continui a scrivere di canestri. Fatti o mancati che siano