Bargnani fuori per infortunio da tempo immemorabile. Così tanto che a New York quasi non si ricordano nemmeno di lui. Gallinari di nuovo ko per il menisco (non il ginocchio operato in precedenza che l’ha costretto a un lunghissimo stop). Datome ai margini dei Pistons senza, per il momento, alcuno spiraglio di luce.
I fantastici quattro di un tempo si sono trasformati nel Magnifico Beli, al secolo Marco Belinelli, l’unico italiano che giochi con continuità nella Nba. Non solo: Marco gioca nella squadra campione in carica. Ha contribuito alla conquista di quel successo. Ha in tasca il titolo vinto, individualmente, nella gara del tiro da tre punti, all’All Star Game di New Orleans.
Ce n’è abbastanza per capire che, in questo momento – a proposito, Marco dovrà incontrare anche un certo Barack Obama, a Washington, nella Casa Bianca, accolto, insieme con i compagni di squadra dei San Antonio Spurs, con tutti gli onori – l’onore e il prestigio della nostra pallacanestro è affidata a Belinelli.
Lui, l’ex bambino di San Giovanni in Persiceto, oggi uomo maturo, continua a giocare con l’entusiasmo e la passione di un tempo. Parafrasando una frase attribuita ad Archimede, dategli (a Marco) un pallone e vi solleverà il mondo.
Sicuramente è l’uomo più indicato per risollevare le sorti della pallacanestro italiana. Di quella azzurra. Perché se è da tempo che Simone Pianigiani sogna di avere i fantastici quattro con la maglia dell’Italia, è innegabile, numeri alla mano, pensare che in fondo, a parte l’ultima stagione, solo Marco (e Datome, certo), abbia risposto con continuità alle chiamate.
La fase finale dell’Europeo si gioca in Francia. Perché questa precisazione? Perché, lo ricordiamo a chi ha poca memoria, l’Italia vinse a Nantes nel 1983. Fece il bis nel 1999 a Parigi. Da Nantes a Parigi sono trascorsi 16 anni. Da Parigi a Lille 2015 ci sono altri 16 anni. Ce n’è abbastanza (perdonate la ripetizione) per capire che possiamo rispolverare il concetto caro a Giambattista Vico, quello dei corsi e dei ricorsi della storia.
Marco non ha ancora detto sì, ma nelle sue parole, raccolte nei giorni scorsi, abbiamo trovato entusiasmo, passione, determinazione. Il 2014 per lui è stato fantastico. Che il 2015 sia ancora migliore. E per essere migliore è “sufficiente” che Marco bissi i successi del 2014. E che ci aggiunga un trionfo con la maglia azzurra. Magari per prenotare un posto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Marco non è mai stato ai Giochi (l’Italia, ahinoi, non si qualifica dall’argento di 2004 firmato da Charlie Recalcati). Il vogliono ce l’ha. Noi pure.
E allora forza Marco. E che tra i pacchetti che avrà cominciato a scartare ci sia anche una bella maglia azzurra… con vista sul Brasile.