C’era tanta gente questa mattina in via Zoni, nella palestra Corticelli, a due passi dal Cierrebi. Sarebbe quantomeno bizzarro definire “bello” un funerale. Perché il funerale è un momento di distacco: la commozione e le lacrime, soprattutto quando il legame è forte, prendono per forza di cose il sopravvento. Però l’ultimo saluto a Dario Bellandi, scomparso a 54 nni, ha avuto qualcosa di speciale. Riunire in una piccola-grande palestra, illuminata dalla basilica di San Luca, ben visibile in lontananza, la Fortitudo e, più in generale, quella che viene definita BasketCity. Loretta, prima del saluto, aveva chiesto sorrisi, pensieri positivi. Perché Dario Bellandi era così: gioviale, ironico, alla mano. Un grande innamorato della pallacanestro: un sentimento che non aveva nascosto mai. E che aveva portato avanti, con orgoglio e passione, sempre con la stessa espressione gioviale. Che allenasse in A2, portando la Fortitudo a una storica promozione in A1, che fosse ai Giardini Margherita, con gli amici di sempre, a giocare il Playground. Che fosse un tecnico delle formazioni femminili o giovanili.
Dario era uno. Anzi, unico. E questa sua unicità era, anzi, è tuttora rappresentata dal fatto di rapportarsi con gli altri nello stesso identico modo. Che fossero molto importanti (risultati alla mano) o meno. Dario trattava tutti con bonomia, con partecipazione. Con complicità e con passione. Per questo, in palestra, c’era tutto il suo mondo. E il suo mondo era veramente grande. Perché in un paio d’ore sono transitate centinaia di persone. C’è chi ha addirittura pensato che, vista la vicinanza del Dall’Ara, tutta quella gente stesse preparando qualcosa per la partita del Bologna, invece erano solo amici (davvero tanti). Ci vengono in mente, e ci scusiamo con quelli che non abbiamo visto, Stefano Pillastrini e Nino Pellacani, Daniele Albertazzi e Gigi Serafini, Roberto Breveglieri e Davide Lamma, Jordan Losi e Cristian Cuccoli, Gianni Malavasi e Massimo Brusco, Stefano Tedeschi e Giancarlo Galimberti, Walter Bussolari e Gigi Terrieri. E ancora Luca Corbelli, Giordano Consolini, Marco Tabaroni, Massimo Casarini, Luca Foresti, Emiliano Neri, Giacomo Golinelli, Pier Paolo Zunarelli, Stefano Fornasaro, Roberta Finelli, Romano Lanzarini, Paolo Santi, Stefano Quadrelli. C’erano gli amici del gruppo Vela con i quali condivise tante avventure ai Giardini Margherita, nelle prime stagioni del Playground, Stefano Dall’Ara e Massimo Righi (sì, proprio lui, l’ad della pallavolo), Roberto Sanguettoli e Gabriele Perini. C’erano i ragazzi della Fossa dei Leoni. Lui, Dario, sistemato sotto un tabellone – perché i canestri facevano parte della sua vita -, li ha visti tutti. Li ha riconosciuti tutti. Giocatori e dirigenti, allenatori e massaggiatori, giornalisti e semplici tifosi. Tanti giovani e giovanissimi: compagni dei figli di Dario o, molto più semplicemente, ragazzi che Dario seguiva con la sua società.
Tutto il mondo di Dario, tutta BasketCity, il nostro mondo. L’ultimo assist di Dario Bellandi: mettere tutti d’accordo. Grazie di tutto, Darione