Marco Belinelli ha firmato un contratto con i Sacramento Kings. E, come sempre gli capita da quando ha cominciato a frequentare i parquet italiani, le sue scelte fanno discutere. Sempre. Fece discutere, per esempio, il passaggio dalla Virtus alla Fortitudo. Da alcuni tifosi della V nera il passaggio venne vissuto come un vero e proprio tradimento. La realtà dei fatti – fermo restando che ognuno è libero di pensarla come vuole – è che il tradimento fu consumato da Marco Madrigali. Proprio lui, l’ex presidente bianconero che portò la Virtus a un passo dalla sparizione per il caso Becirovic. In quella stagione, 2002/2003, Marco appena sedicenne aveva messo insieme un numero di gare che sarebbero servite per ottenere un contratto da professionista. Vincolato per cinque anni, se la Virtus avesse seguito la logica, con il minimo di stipendio. Un affarone. Il contratto non arrivò mai.
Tradito dalla Virtus (meglio, da Madrigali), il sedicenne Marco davanti aveva tre strade, anzi quattro. Accettare la corte di Zoran Savic e andare in Fortitudo. Dire sì alle offerte di Roberto Brunamonti che lo voleva a Roma. Oppure andare a Siena o Treviso. Marco, che non ha mai nascosto il suo forte attaccamento alla famiglia e a San Giovanni in Persiceto, non esitò: Bologna e la Fortitudo.
Nel 2007 gli rinfacciarono di essere volato negli States con un anno d’anticipo. Perché dall’altra parte dell’Oceano, con quei centimetri e quel tiro, le alternative erano migliaia. Marco fece di testa sua. Andò a San Francisco con Golden State. Due stagioni con pochi spazi nella Baia e tutti lì a dire che avrebbe dovuto tornare a casa. Ancora una volta, anziché subire, Marco va all’attacco. Decide di restare. Prima Toronto, poi New Orleans e Chicago. Primo italiano a disputare i playoff, primo italiano a superare un turno di playoff. Poi San Antonio. Vuoi mai che giochi alla corte di Gregg Popovich? E giù critiche. “Testa tosta” Marco non molla. Vince la gara del tiro da tre in occasione dell’All Star Game (al solito, il primo italiano), vince il titolo Nba, passando dalla storia direttamente nella leggenda.
E adesso? Sarebbe rimasto a San Antonio, ma lo spazio salariale, come dicono gli americani, s’era ridotto ai minimi termini. Quaranta milioni per Danny Green sono una follia: non potevano fare 25 all’americano e 15 a Marco? La storia va diversamente.
A 29 anni Marco lo dice apertamente: “Vorrei firmare un bel contratto”. Non cerca scuse – le famose scelte di vita tanto care ai calciatori – non vuole alibi. Va a Sacramento per 19,5 milioni di dollari.
Non dice che vincerà, spiega che proverà a crescere con il gruppo, perché è consapevole delle difficoltà. Non subisce le scelte, Marco. Le affronta, le attacca. Pronto a pagarne le conseguenze. Fin qui i fatti gli hanno dato ragione (qualcuno dissentirà, ma i numeri e i fatti sono dalla parte di Marco): continuerà a far canestro. Anzi, pur partendo dal fatto che a Sacramento non riuscirà a rivincere l’anello (a meno di clamorosi scambi di mercato), siamo pronti a scommettere. Con la maglia di Sacramento crescerà il suo minutaggio e il suo apporto offensivo (toccherà i 15 punti di media? Secondo noi ci arriverà vicino). E sarà sempre più utile a un’Italia che vorrebbe gli Europei e i Giochi Olimpici. Già, i Giochi, l’unico risultato che manchi veramente a Marco Belinelli.