Visto dall'architetto

La piazza torna ad essere Agorà

Ad Istanbul l’interesse per un parco e, in generale, per il tessuto pubblico della megalopoli, ha generato una vera e forte mobilitazione da parte dei cittadini, prova del grande potere che questi spazi hanno anche nell’era delle connessioni virtuali.

Ad Istanbul l’interesse per un parco e, in generale, per il tessuto pubblico della megalopoli, ha generato una vera e forte mobilitazione da parte dei cittadini, prova del grande potere che questi spazi hanno anche nell’era delle connessioni virtuali.

La protesta turca è iniziata con un sit-in di poco più di cinquanta persone a seguito dell’approvazione del progetto di riqualificazione urbana che prevedeva, al posto dell’attuale Parco Gezi e dei suoi 600 alberi, un centro commerciale di “nuova generazione”

il "caso" che ha scatenato quelle proteste è in realtà legato ad un malessere molto più profondo. Lo stesso si deve dire delle proteste di metà giugno scorso in Brasile: sono state scatenate da un piccolo aumento del biglietto del trasporto pubblico, e sono continuate anche dopo che l'aumento è stato revocato. Anche in questo caso, le proteste sono scoppiate in un paese che, almeno secondo i media,  era in pieno boom economico e con tutte le ragioni per sentirsi fiducioso sul futuro.

Ciò che accomuna le proteste in tutto il mondo, per quanto diverse siano in apparenza, è che tutti reagiscono contro diversi aspetti della globalizzazione capitalistica

Ad ogni modo è importante evidenziare come la questione dello spazio pubblico e della città più in generale non è semplicemente tecnica, architettonica o urbanistica ma ancor prima culturale: convivenza o isolamento, giustizia sociale o disuguaglianza, uguaglianza civica o anonimato, sono condizioni di esistenza quotidiana che rendono ancor più pericoloso lasciare lo sviluppo urbano in balia dell’immediato tornaconto del mercato.

E’ la fine dello “stato sociale”, dal momento che le amministrazioni, assumendo una logica imprenditoriale,  hanno approfittato dei più poveri costringendoli a migrare altrove,

Ed è per questo che la piazza è tornata agorà: in essa la gente si è espressa liberamente, incontrandosi e lottando insieme per la costruzione di una democrazia degna di tale nome, manifestando non solo per la politica ma in primis per lo spazio pubblico, nella consapevolezza del valore che quest’ultimo ha a livello identitario, come opportunità di libertà.

Il capitalismo globale è un processo complesso che colpisce diversi paesi, in modi diversi. La tendenza generale del capitalismo globale è oggi espandere il mercato, invadere e accerchiare

E' anche importante riconoscere che i manifestanti non mirano a un qualsiasi obiettivo "reale" identificabile, almeno nella maggior parte dei casi. Ciò che molti di coloro che hanno partecipato alle proteste "sa" è un malessere, una insoddisfazione fluida, che sostiene e unisce varie esigenze specifiche.

C’è stato un grande dibattito su quanto sia stato importante il ruolo dei social media come Facebook e Twitter nelle  rivolte scoppiate nel 2011in Egitto, Tunisia, Iran e Siria. Questa rivoluzione, iniziata o meno nello spazio mediatico, si è poi sviluppata per le strade, ed è negli spazi fisici del Cairo dove la gente è intervenuta. Le strade della città sono state il mezzo che ha portato il messaggio del popolo egiziano ed è stato nella piazza Tharir che i cittadini hanno espresso il loro malcontento, mostrato il loro potere, ed infine, creato una nuova visione per la loro patria. Tramite l’occupazione di spazi privati trascurati, recintati e non destinati alla congregazione, gli egiziani e non solo hanno recuperato e concepito una nuova forma di spazio pubblico; più democratico e più aperto. La loro potenza si è finalmente fatta sentire, al di là delle forze armate dispiegate dai vari governi; la piazza come agorà ha ridato finalmente voce al popolo, l’unico, se compatto, capace di creare dalle ceneri del vecchio nuove forme di uguaglianze.

 

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