Visto dall'architetto

Un evento anche di costume: il Festival di Sanremo

Concluso da poco il Festival di Sanremo, è il momento di fare alcune riflessioni su come è andato, che cosa ha apportato e se ha ancora senso procedere con questo modo di pensare al Festival. Se la RAI continua a produrlo,anche in momento crisi tanto grave ( nel quale spiccano, insieme a tanti altri, il problema , della Grecia, dell’Ucraina, della disoccupazione,delle minacce da parte dell' Isis)   una ragione ci sarà.
 Cerchiamo di analizzarle. La prima è di puro share: l’anno scorso, in un’edizione considerata un flop, si fece comunque una media del 39,32%, non proprio da buttar via. L’edizione 2015 ha avuto ascolti fino al 50%. Certo ci sono stati Festival con medie superiori al 50% e punte anche del 70%: va messa però nel conto la crisi della tv generalista, scesa del 9% in tre anni, a causa della presenza dei canali tematici, digitali o satellitari. In ogni caso, in termini economici, Sanremo non perde: nel 2013 andò in pareggio, l’anno scorso guadagnò due milioni, quest’anno,di più. Infine è stato calcolato che, tra televisione, social, giornali eccetera, almeno un 71% della popolazione è in qualche modo interessato alla manifestazione. La seconda ragione? 
È puramente culturale e rispettosa del pubblico di Rai1, formato in prevalenza da persone adulte. I testi di quest’anno hanno girato tutti intorno a lui e lei, i tradimenti, la lontananza, eccetera. Fino all’estremo della canzone di Platinette e Grazia Di Michele sull’identità sessuale e quel corpo in cui «non c’è una donna o un uomo solo un essere umano» ,con Platinette che si è presentata nella veste non-travestita di Mauro Coruzzi, con tanto di barba e smoking.

E sul mercato? Sanremo conta ancora qualcosa?
 Calcoli dei discografici le assegnano un’influenza dell’1-2%. Ha detto Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiana: «Negli anni storici Sanremo è stato un evento centrale del mercato: ma negli ultimi due decenni è cambiato tutto. Secondo me una delle ragioni del basso impatto sulle classifiche è la deformazione dell’evento, diventato sempre più un prodotto televisivo e sempre meno musicale. I consumi discografici oggi sono determinati da tutt’altro». Ed è proprio questo il punto nevralgico: Sanremo è   un evento televisivo collegato allo spettacolo, a scapito, a volte, della sostanza musicale. Cerca quindi di soddisfare le richieste di un pubblico prevalentemente maturo.

È per questo che Carlo Conti ha arruolato cantanti d’altri tempi, tra cui Al Bano, Romina, Pino Donaggio. Erano però presenti anche Ed Sheeran, gli Imagine Dragons, il producer The Avener e i Saint Motel. La generazione di mezzo – i 40/50enni – è stata rappresentata da Raf, Marco Masini, Irene Grandi, Gianluca Grignani, Alex Britti e soprattutto dagli Spandau Ballet, mito degli Anni 80. Il criterio per capire la formazione messa in campo è, però, forse un altro: il 25% del cast viene dai talent: Annalisa, Dear Jack, Moreno (tutti da Amici ), Chiara Galiazzo, Lorenzo Fragola (entrambi da X Factor ). E il Dopofestival, affidato a Sabrina Nobile e Saverio Raimondo, è andato in onda solo sul web. C’è stata quindi anche un’attenzione per questi fenomeni nuovi. Del resto i signori del mercato spiegano che un talent orienta il pubblico molto di più del Festival.

Parliamo di soldi. Girano gli stessi cachet pazzeschi degli anni scorsi?
 I costi, almeno ufficialmente, sono più contenuti. Carlo Conti prende mezzo milione. Emma Marrone e Arisa, le due vallette (siamo tornati alla bionda e alla bruna, come all’epoca di Pippo Baudo con Bianca Guaccero e Andrea Osvart, le ultime miste), 80 mila euro ciascuna. Quanto si è speso per gli eventi speciali e gli ospiti, musicali e no? Sono arrivati Tiziano Ferro, Gianna Nannini, Biagio Antonacci, Vincenzo Nibali, Antonio Conte, il presidente della Samp, Massimo Ferrero (con Fabrizio Pulvirenti, il medico guarito dall’ebola, Vittoria Puccini e una famiglia calabrese composta da padre, madre e 16 figli), poi i comici Giorgio Panariello, Angelo Pintus, Alessandro Siani, Luca e Paolo. Will Smith e Charlize Theron. Eccetera eccetera. Per tutti questi, quanto vogliamo calcolare?   Qualcosa a metà tra il mezzo milione e il milione. E però sull’altro piatto della bilancia, quello delle entrate, bisogna mettere i ricavi dagli spot. Qui c’è la prova provata che Sanremo vale ancora: un secondo di pubblicità durante il Festival costa 14 mila euro, circa il doppio dell’anno scorso. E anche per chi non inserisce i suoi commercials durante il Festival, la tariffa è salata: 144 mila euro per 15 secondi in prima serata. Praticamente il doppio, rispetto all’anno scorso.

Tutto riprenderà comunque l’anno prossimo perché Sanremo rimane nell’immaginario collettivo un collante e rappresenta una ritrovata identità da parte degli italiani; o almeno dei più.

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