Visto dall'architetto

Architettura e Biologia

Molti dei più importanti progressi scientifici e tecnologici sono stati indotti dall’osservazione dei fenomeni e delle strutture naturali. Da sempre è stata la biologia la scienza verso la quale i teorici dell’architettura e del design si sono più frequentemente rivolti.

Molti dei più importanti progressi scientifici e tecnologici sono stati indotti dall’osservazione dei fenomeni e delle strutture naturali. Da sempre è stata la biologia la scienza verso la quale i teorici dell’architettura e del design si sono più frequentemente rivolti.

Oggi, alla luce della conoscenza sempre più profonda dei principi che governano i sistemi biologici, appare evidente il limite della bionica classica nell’interpretare la natura come modello fondamentalmente statico e funzionalista. I progressi scientifici e tecnologici guadagnati negli ultimi cinquanta anni hanno consentito di osservare e conoscere la natura sempre più a fondo, fino a giungere alla comprensione delle strutture e dei fenomeni biologici un tempo imperscrutabili, nei loro minimi dettagli.

Un punto di vista così ravvicinato ha consentito all’ingegneria di riuscire a interpretare l’osservazione della biologia, non solo come fonte di ispirazione, ma anche come strumento di innovazione.

Per citare Rachel Armstrong ricercatrice e docente di architettura alla University College London : "L'architettura  potrebbe reagire diversamente alle sfide ambientali se solo le nostre case e le nostre città fossero dotate di alcune delle proprietà dinamiche che caratterizzano i sistemi viventi". Per arrivarci, però, è necessario cambiare il nostro modo di concepire le costruzioni. "Oggi tutti gli edifici sono disegnati e costruiti allo stesso modo. Sono il prodotto di processi industriali dannosi per l'ambiente: basti pensare che il settore edilizio è responsabile del 40% delle emissioni globali di anidride carbonica, un'impronta di CO2 addirittura maggiore di quella dei trasporti". Gli architetti e i designer stanno dunque iniziando a immaginare un paradigma in cui l'acciaio e il cemento non debbano per forza essere i materiali principali. La domanda può sembrare paradossale, ma a ben vedere un suo fondamento ce l'ha: "In quanto esseri viventi  -  si chiede la Armstrong - siamo sicuri che sia giusto vivere dentro habitat morti?".

A New York un piccolo gruppo di professionisti dell'architettura, accademici, biologi, urbanisti e artisti, ha concepito un nuovo tipo di laboratorio-studio a indirizzo formativo, che usa materiali inconsueti nella tradizione del progetto: materiale biologico, compresi tessuti viventi, batteri, alberi e funghi.

L'iniziativa di cooperazione intende unificare più prospettive e più obiettivi sfruttando le competenze dei collaboratori di varie organizzazioni che si dedicano alla formazione e all'ecologia, tra cui Terreform ONE, Genspace, Il MIT Media Lab, la Columbia University e la Scuola di Silvicoltura di Yale. Il programma, benché attivo da un tempo relativamente recente, promuove la collaborazione tra le discipline del progetto e le scienze biologiche, e promette di far nascere il genere di prospettive e di innovazioni non ortodosse di cui c'è urgente necessità nell'èra delle crisi climatiche e della scarsità di risorse naturali.

Obiettivo dei sostenitori dell'architettura vivente è dare a questi sistemi il diritto di cittadinanza nei materiali edili del futuro. La Armstrong è in prima fila in questa battaglia: "Le proto cellule, sistemi chimici privi di DNA ma capaci di assemblarsi da soli, permettono di immaginare nuove soluzioni di design e architettura", sostiene. "Questi microsistemi possono essere impiegati nello sviluppo di materiali e metodologie di design in ambienti complessi, offrendo un ponte tra il design fatto dall'uomo e il mondo naturale". E poiché le protocellule possono essere programmate, è anche possibile dotarle del potere di agire positivamente su un determinato ambiente, riducendo l'impatto negativo dell'intera costruzione.

Si può chiudere, citando l’architetto futurista Fuller R. Buckminster : "Non è combattendo la realtà esistente che si cambiano le cose. Per cambiare qualcosa, è necessario costruire un nuovo modello che renda obsoleto quello già esistente”.

 

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