La lentezza, già. Proporre un simile concetto (ché di concetto si tratta) sulla rete potrebbe sembrare folle. Eppure, dopo la lettura di questo racconto del grande scrittore cileno Luìs Sepulveda non posso fare a meno di consigliarvi di correre in libreria (è edito da Guanda, costa 8 euro e mezzo e si intitola Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza).

Sì, lo faccio per un motivo banale: questo correre continuo è defatigante, sfinente e, tutto sommato, inutile.

Lo faccio perché mi diverte invece ancora la vera velocità, vale a dire quella dei futuristi che, con ironica dissacrazione del presente, urlavano: “Mi nutro di attualità veloce”.

Lo faccio anche per un motivo più serio. Ed è questo. Provare a osservare senza farsi prendere dalla frenesia serve a capire meglio. O a carpire un brandello, magari molto piccolo, di verità.

Del resto, la storia della lumaca ribelle che esce dal suo mondo ristretto per vedere e conoscere (pian pianino e con l’aiuto di una tartaruga molto saggia e di un gufo tanto triste quanto lungimirante) porta a un risultato inaspettato che sa di salvezza e di riscatto insieme, di ribellione all’ipocrisia cieca e ignorante. Salvezza e riscatto da raggiungere con fatica, tanta fatica. Perché semplificare non vuol dire banalizzare. O, peggio, lanciare slogan…