A quel tempo, sarà stato il 1874, l’Italia era unita solo da tredici anni. Aveva diritto di voto il 2,2 per cento della popolazione (oggi l’85 per cento). Il sistema elettorale era uninominale e a doppio turno per un totale di 556 deputati. Altro che caccia alle preferenze: per essere eletti bastavano poche centinaia di voti. Differenze notevoli, direte. E invece no. La politica godeva della stessa cattiva stampa sia tra la gente che sui media. E, in tal senso, risulta quanto mai di attualità – frase fatta ma sempre efficace – il libro del tardo garibaldino toscano Ettore Socci che Studio Garamond di Roma ha (coraggiosamente e meritoriamente) ristampato. Stiamo parlando dei Misteri di Montecitorio, «vero, potente e divertente romanzo naturalista» – le parole sono di Saverio Fossati, autore di una concisa quanto brillante introduzione – scritto da Socci nel biennio 1886-87, uscito a puntate sul giornale «La democrazia» e poi in volume nel 1899. Per la cronaca, Socci, come più volte ci ha spiegato Pierandrea Vanni, nasce a Pisa nel 1846, muore a Firenze nel 1905 (una lapide in via della Pergola sul muro del vecchio centro fiorentino di radiologia ce lo ricorda), ma, di fatto, è ricordato soprattutto nella sua patria politica, vale a dire Grosseto che gli ha dedicato una piazza e un bel busto. Fu mazziniano ed ebbe amore sconfinato per Garibaldi: con l’Eroe dei Due Mondi combatté nel 1866 in Trentino, l’anno successivo nella sfortunata Mentana, nel 1870-71 a Digione e di quest’ultima esperienza trasse pagine di certo valore storico-letterario con Da Firenze a Digione: impressioni di un reduce garibaldino.

Ma quel che preme sottolineare è un’altra caratteristica: il Nostro è infatti l’inventore (o uno degli inventori) del ‘romanzo parlamentare’ che annovera tra le sue fila molti scrittori, tra cui Matilde Serao, Federico De Roberto, Enrico Castelnuovo, Carlo Del Balzo e, tutto sommato, lo stesso Francesco Domenico Guerrazzi e che è stato oggetto di saggi di studiosi come Alessandra Briganti, Carlo Alberto Madrignani, Paola Villani, Giovanna Caltagirone, Maria Paola Saci. Molti i protagonisti dei Misteri: dal deputato già garibaldino avvocato Guidi, il suo caro amico Salvatore, la fidanzata Amelia, la sensualissima cortigiana Adele, il perfido deputato Civetti. Le stanze di Montecitorio sono ovviamente la ‘location’ degli affari e degli intrighi politici. Politici e non solo. E se non mancano punte degne del miglior romanzo d’appendice, un pur tenue eros attraversa le pagine di Socci (particolarmente conturbante è la perfida Adele). Sullo sfondo, bella e solare come poche – e fors’anche unica vera protagonista in positivo di queste pagine – Roma, tutt’altro che capitale «ladrona», corrotta e infetta come per anni ci siamo sentiti dire.

La storia, tragicomica, si dipana attraverso le disavventure dell’avvocato Guidi. Viene dal paesello e ha sempre difeso le classi umili. Ha partecipato alle campagne garibaldine – come molti personaggi di queste pagine – e, per aver difeso i diritti dei lavoratori della miniera usi a mangiare «zuppa di cavoli e fagioli», è finito in galera. Ne esce perché eletto deputato. Lui, così poco interessato a trame e intrighi e così innamorato della sua Amelia, deve quindi andare a Roma e mischiarsi a quella politica piena di intrighi, malefatte e passioni varie.

Non sveliamo di più al lettore cui consigliamo vivamente la lettura del romanzo perché si divertirà e ne trarrà la serena consapevolezza che, in fondo, la politica è sempre quella. Con un’avvertenza dello stesso Socci: «Il sistema parlamentare è l’egida dei popoli liberi» e, soprattutto, che «tutti gli elettori hanno il deputato che si meritano». Frasi decisive. Specie per chi vaneggia di presunte superiorità di società civili. Ieri come oggi.

Di seguito un piccolo dizionario delle cose notevoli (almeno a me così pare…)
IL DIALOGO
Guidi, il deputato novellino: «Ma dunque in Italia?»
Salvatore, il deputato d’esperienza: «Si vive di favoritismi»
Guidi: «E la legge?»
Salvatore: «È fatta per i minchioni, come lo fu sempre»

IL RITRATTO DEL PROTAGONISTA GUIDI
«Era bello di una bellezza maschile, aitante nella persona, deciso in ogni movenza»

«Non andava alla messa, e le beghine quando lo vedevano, si facevano il segno della croce, aveva dato dell’asino al pretore, dell’imbroglione al farmacista, del ciarlatano al medico condotto»

ELETTI
«Egli non ha più una volontà: diventa una macchietta semovente e parlante, il cui mandato è a disposizione di tutti gli amici di fede. Deve mangiare, bere, vestir panni e camminare come vuole il partito: guai a lui se frequenta certe persone, se bazzica in certi caffè, se parla come gli detta il suo cuore e non come esige la ragione di parte!»

DEPUTATI
«Gli uni danno agli altri con gran disinvoltura del mascalzone, e poi si stringono la mano e si danno del tu»

CINISMO
Guidi: «Io dirò tutta la verità»
Civetti: «In un ambiente dove è proibito di dirla»

ROMA
«Era una di quelle mattinate serene e radiose che rallegrano l’inverno di Roma»

SEDUZIONE
«E la vaga donnina si avvicinò anche di più al nostro amico, tanto che i loro respiri si incontravano. ‘Voi siete un angelo’ – proferì il Guidi con entusiasmo, e nel discreto silenzio di quella penombra si udì il simpatico rumore di un bacio»

ADELE
«Adele, altera tutte le volte che poteva sfidare l’odio a viso aperto, non si sentiva capace di sopportare l’indifferenza»