COME passa il tempo. Ricordi, Beppe, quel 2007? Portasti in piazza a Bologna più di 100mila persone. Arrabbiatissime. Addirittura trattasti male un ragazzo che sventolava una bandiera del Che. Era il Vaffa-day, l’inizio della tua avventura. Dicevi (urlavi): «La nostra forza è che non capiscono cosa facciamo, ma diamo fastidio a tutti. È la Rete. Io ho messo la faccia. La mia vita. Noi siamo indistruttibili». E vai con lo streaming. Le urla. Le risse in Parlamento. Le adunate (non sediziose eppur così popolaresche). Le risposte taglienti al povero Bersani (no, ammettilo, con Renzi avesti qualche difficoltà in più). Poi, come sovente accade, la fiamma che ardeva impetuosa si è trasformata in un fuocherello. Con i tuoi seguaci infastiditi dai troppi diktat. Con quella Rete incontrollabile o che, comunque, cominciava a dar segni (pesanti) di insofferenza. Per non parlare dei deputati e dei senatori. Tosti. Tostissimi. Ma capaci di pensare anche con la loro testa. Il tutto condito da possenti arretramenti in occasione di elezioni di genere vario.

E ORA? Anche te, ohibò, cambi verso. Lo si capisce dall’intervista che hai graziosamente concesso a un giornale. Sei diventato un «Grillo trattante». Addirittura «auspichi convergenze». Pensa quando arriverai ad aggiungere «parallele». Addirittura vorresti dialogare «con tutti, anche con il Pd». Pretendi «onestà intellettuale». Ma il climax lo raggiungi con un incredibile «le piazze non funzionano più». Eddai, questa è grossa. Da un profilo popolaresco che fai, passi a un più classico politichese? Non è che sei invecchiato? O non ce la fai a reggere da solo la baracca che voleva svuotare l’Italia come una scatoletta di tonno, che irrideva la politica-politica e che esaltava la virtualità delle Rete? Insomma stai andando contro la tua storia, diciamo. Il virtuale non basta più. Le urla han sempre meno eco. Di certo, quando arriverai a parlare di «convergenze programmatiche» dovremo scuotere la testa. E pensare alle parole di Don Fabrizio di Salina: «Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta». Erano riferite all’amore, ma vanno bene anche per la politica.
PS La frase è tratta da Il Gattopardo, immortale romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. In Rete qualcosa trovi.