«TRISTE o scandalizzato? La prima che ha detto».
Presidente di Legacoop dal 1987 al ’92, una vita a sinistra con il riformismo come cifra caratterizzante, scuote la testa. Ma non si arrende.
Lanfranco Turci, le cooperative ne combinano di tutti i colori.
«Un coinvolgimento periodico in brutte vicende. Di più: disgustose. E se non mi scandalizzo, certo divento triste».
Corruzione sempre esistita…
«Sì. Ricordatevi solo i manifesti del Pci di fine anni Cinquanta contro i ‘forchettoni’ della Dc».
Ora in prima fila ci sono i post comunisti.
«Bella consolazione».
Alle origini non era così.
«Nessun dubbio, l’afflato ideale era ben altro. Ovvio: vietato generalizzare».
Però dopo Tangentopoli…
«… qualcuno sperava che le cose sarebbero cambiate, è vero. Lo sperava perché quei colpi terribili, assestati in modo più o meno proporzionale, potessero portare un clima nuovo».
Invece?
«Invece, no. Il guaio è che Mani Pulite non solo non ha portato un clima nuovo, ma nemmeno più prudenza e precauzione».
La gente è stufa.
«Prevalgono due sentimenti. Solenne incazzatura o impotente alzata di spalle».
Della serie: ‘ma che ce ’mporta’.
«No: ma che ci possiamo fare. Il che è ancora più grave».
Perché?
«Un simile atteggiamento, che si parli di cooperative o partiti, porta a un distacco dalla vita pubblica. Si affermano populismi inutili e dannosi. Un mix che produce ancor più corruzione».
Ma perché le coop fanno così?
«Un attimo. Non dobbiamo dire le coop. Se no, generalizziamo. Diciamo che, specie nel mercato che grava sulla spesa pubblica, ti attieni a certe regole o rischi grosso».
Rischi personali o collettivi?
«Personali. Non è che un presidente di cooperativa distribuisce mazzette chiedendo il parere ai soci. Ma collettivi negli effetti».
Turci, i soci contano?
«No, specie nelle grandi realtà».
I mercati sono fatti così: lo dice per giustificare certi comportamenti?
«No. Le coop sono nate in un contesto storico che caratterizzava la loro diversità. La storia ha poi camminato. Nella direzione di un mercato senza morale».
E ora, che fare?
«Basta subire il mercato con le sue distorsioni. Il mondo cooperativo deve reagire».
E denunciare le malefatte.
«Sì, però non è facile».
Perché?
«Per il rischio di ritorsioni di genere vario. Come perdere fette di mercato e conseguentemente posti di lavoro. Oppure subire controdenunce».
Il classico gioco dell’oca.
«Mi spiego. Le coop stesse, se sentono puzzo di bruciato devono lanciare l’allarme e non partecipare alle gare».
Ricambio di gruppi dirigenti?
«È essenziale».
Una catarsi…
«Mi accontenterei di meno. Un congresso che faccia chiarezza e che apra un dibattito dentro e fuori il mondo cooperativo sulla incompatibilità con sistemi corruttivi».
Tutto tornerebbe pulito.
«Non esageriamo. Ma si potrebbe ricominciare daccapo».
E D’Alema?
«Ne parliamo un’altra volta».