SCUSATE il disturbo, eppure l’idea di una «memoria condivisa» non riusciamo proprio a levarcela dalla testa. Come sarebbe bello festeggiare con un beato sorriso a trentadue denti il 25 aprile. Consci che ci fu guerra civile, ma altrettanto sicuri, come ha detto chiaramente il presidente Sergio Mattarella, da che parte stava la ragione. (E sia chiaro: la Resistenza fu opera di un’élite che, armi in pugno, liberò l’Italia).

Invece, come ogni anno, siamo costretti a registrare divisioni, ad assistere a spettacoli simbolicamente gravissimi, ad ascoltare frasi scompostamente irritanti di ‘politici’ (virgolette volute), di stolide provocazioni. Ma vi pare normale che attorno alla Brigata Ebraica si sia creata tutta questa tensione? Ma vi pare normale vedere sfasciacarrozze di genere vario offendere, sventolando bandiere palestinesi di cui a malapena hanno contezza, esponenti di una formazione partigiana che definire eroica è poco? Lo sapranno, tra l’altro, che la Brigata era composta anche da non ebrei? Per non parlare di quei simpatici energumeni che hanno inneggiato alle foibe o di quei bravi ragazzi che hanno esposto striscioni, sempre in quel di Roma, in onore della Repubblica sociale italiana.

SE TUTTO si fermasse qua, potremmo anche cavarcela con un’anguillesca «in fondo sono minoranze». Ma, purtroppo, anche i ‘politici’ (virgolette volute) ci mettono la loro.

Dunque. Tal Colletti, ci dicono grillino quindi di poche idee ma confuse, attacca Oscar Farinetti: sì, proprio quello di Eataly. Non chiedete perché, non abbiamo capito. I leghisti parlano di «pura e vuota retorica» e Roberto Calderoli dice che nulla c’è da festeggiare perché «viviamo sotto un regime». Interessante il numero 1 dell’Anpi Roma: «Perché Marino e Zingaretti non son venuti a Porta San Paolo?». Sarebbe stato meglio chiedersi perché non era presente la Brigata Ebraica. Zingaretti, sia detto per inciso, nel 2010 si prese un limone in un occhio… Sia chiaro: la Resistenza divisa è tema antico, un po’ quanto la «Resistenza tradita».

Scriveva Pietro Nenni, il socialista Pietro Nenni, già nel 1945: «Speranze si sono estinte come meteore. Tutto è ridiventato duro e incerto». Tutto è, diciamo oggi, rimasto duro e incerto. Mentre a noi è piaciuto tanto vedere quei bimbi delle medie romane in Campidoglio. Cantavano l’Inno di Mameli. E ridevano. Felici.