Si fa presto a dire ‘Mafia Capitale’. E a descrivere Roma come una cloaca: malaffare, criminalità, politica corrotta e corruttrice. Dipingendola, come fosse una novità, a tinte nere. No, cari miei, Roma ha sempre avuto i suoi lati oscuri. Provate a chiedere ad Astolfi, Bruno Astolfi, già commissario di pubblica sicurezza radiato dalla polizia perché antifascista. Tra l’altro con un fratello (pericoloso sovversivo) che ha dato la sua vita per la libertà della Spagna arruolandosi nella guerra civile contro gli sgherri di Franco, Mussolini e Hitler. Provate a chiedere a lui che cos’è Roma. Specie Roma Sud, quella che guarda ai Castelli: via delle Cave, via Rocca di Papa, il Quadraro, il Pigneto…

C’è un assassino che bagna di sangue i magici sampietrini lasciando accanto ai cadaveri carte dei Tarocchi dal lugubre significato. Il tutto mentre il regime, sempre più in crisi (siamo nell’orrido 1942) dà ordine di girare negli studi di Cinecittà Harlem, pellicola di propaganda. E così il nostro Astolfi (che ha una certa predilezione per il Fernet e le sigarette Macedonia) è costretto a muoversi all’interno del tempio del cinema italiano in una Roma insolitamente piovosa e uggiosa. Tra una schiera di amici e conoscenti che rispondono al nome di Carmine Gallone, Eduardo e Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Mario Soldati, Doris Duranti, Massimo Girotti e altri, tanti altri. Ma la vera chicca è un’altra. Le pagine di Roma in giallo sono firmate da un mito: Umberto Lenzi, il regista dei ‘poliziotteschi’ (Kriminal, Milano odia: la polizia non può sparare, Roma a mano armata, Napoli violenta, A 008 operazione Sterminio e mille altri). Il maestro lascia la macchina da presa e batte le dita sulla tastiera del computer. Con risultati che, ne siamo certi, saranno piaciuti assai all’amico Quentin Tarantino. (Terrore ad Harlem, Coniglio editore, 12 euro).