LE PAROLE sono importanti. «Qualche predecessore del mio partito ha sempre apprezzato il Meeting, magari più per l’aspetto legato alle opere. In particolare qualche predecessore», scandisce Matteo Renzi. Qualche, mica uno solo. Quindi, la stilettata non è diretta solo a Pier Luigi Bersani e alla ricerca dell’applauso della platea. Il riferimento è più pesante, si riferisce agli affari. Ai rapporti tra coop rosse e coop vicine a Cl. Poi, certo, c’è la questione della ricerca del consenso. Facile sarebbe ricordare quella solenne (si fa per dire) analisi di dodici anni fa. Agosto 2003. Il futuro smacchiatore scandisce: «Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’Ottocento, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora». E inoltre: «I movimenti del ’68 sono morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare».
A parte l’assioma facilmente contestabile (scusi Bersani, ma il cooperativismo mazziniano se l’era scordato?), quelle parole non furono casuali. Bersani ha da sempre un debole per Comunione e liberazione. Sempre lui, nel 2006 (e sempre a Rimini) regala una chicca ai ciellini: «Quando Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamarlo Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse». E come no.

LA PENSA così un altro campione diessino, Piero Fassino. L’allora leader del fu Pci, nel 2003, rivela al popolo ultracattolico: «Ho studiato nove anni dai gesuiti». Non propriamente una notizia che ti cambia la vita, diciamo così, però sicuramente una captatio benevolentiae forte verso i diffidenti ciellini (che avevano intonato, prima dell’‘outing’, sonori pernacchi all’esile, in tutti i sensi, politico torinese). C’è poi chi, maligno, ricorda come Bersani sia sempre stato accolto con ovazioni di ben altro tenore al Meeting rispetto a Renzi. E chi sottolinea come sia stato un chierichetto e come si sia laureato con una tesi su un papa tosto come Gregorio Magno.
Altri, ancor più maligni, rammentano come Filippo Penati, capo della segreteria di Bersani finito in diverse inchieste e ormai fuori dai giochi della politica, fosse una vera e propria star. Sostiene Massimo Ferlini, allora (2004) presidente della Compagnia delle opere milanese: «Abbiamo invitato Penati nella sua veste di presidente della Provincia. Ma lo conosciamo come un vero riformista dai tempi in cui era sindaco di Sesto San Giovanni». A voler essere pignoli, si potrebbe ricordare che lo stesso Ferlini, bocconiano di Voghera, è, tra gli Ottanta e i Novanta, uno degli enfant prodige del Pci-Pds, finito nella rete di Mani Pulite, prescritto e assolto più volte, componente della società di lavoro interinale Obiettivo Lavoro messa su da Legacoop e Cdo.
Occhio: anche la società Italia Lavoro nasce da un accordo tra ex comunisti e ciellini. Incontri che continuano negli anni. Coop rosse e imprese della Cdo vincono molti appalti pubblici in Lombardia, Veneto, Emilia. Così come finisce nel calderone degli ultimi scandali romani la cooperativa La Cascina assieme alla ‘rossa’ «29 giugno». La Cascina: un gigante di 7.600 dipendenti. Fondata nel 1978 da studenti universitari vicini a Cl, oggi è più lontana dagli eredi di don Giussani, ma non manca di sponsorizzare il Meeting. Insomma, l’abbraccio spesso c’è. Inutile negare. Graziano Debellini, ex leader della Cdo disse pubblicamente che avrebbe votato Bersani.