POLITICA e amministrazione. La sfiducia dei cittadini. La difficoltà di ereditare il pessimo lavoro di Gianni Alemanno. E molto altro ancora. La senatrice Linda Lanzillotta, eletta con Scelta civica e ora nel Pd, Roma la conosce bene. Il suo impegno politico nella Capitale iniziò nel 1993. C’era Francesco Rutelli in Campidoglio. E lei, quale assessore all’Economia, lavorò al risanamento finanziario del Comune.
Forse se aveste scelto un altro invece di Marino…
«Io alle primarie non l’ho votato. Ma il problema sta proprio nella parola ‘scegliere’. Per dirla tutta: la candidatura del professore nasce da una precisa volontà politica della vecchia nomenclatura».
Goffredo Bettini in testa.
«Prossima domanda?».
La burocrazia capitolina non funziona granché. Sai che novità.
«Esiste una burocrazia pigra e a contatto da decenni con tutti i grandi interessi che si muovono in città. Con dirigenti dotati di enorme autonomia rispetto ai politici».
E quindi con un altrettanto forte potere decisionale.
«Ovvio. Su questo potere, però, la politica non ha vigilato. Marino, come primo atto, avrebbe dovuto dare una bella ramazzata all’amministrazione».
Esempi?
«A migliaia. Se coprire buche per cento metri di strada ha un costo unitario che si discosta dagli standard delle altre grandi città vuol dire che qualcosa che non va c’è, eccome se c’è. Se nessuno si accorge che la gestione dei migranti nei campi profughi costa a Roma quindici volte più che a Milano, è grave. Come può sfuggire un simile, diciamo così, particolare?».
Eppure le delibere si fanno e i tribunali civili le bocciano.
«Le bocciano perché sono brutti, sporchi e cattivi? O magari qualche dirigente del Comune ha scritto male la delibera senza che i responsabili politici la correggessero?».
Marino: tutta colpa sua?
«No. Cose ne ha fatte, ma…».
Beh, via la ‘monnezza’ da Malagrotta.
«Sì, certo, anche perché ce l’ordinava l’Unione europea. Però mi lasci finire il ragionamento. Si chiude Malagrotta e i rifiuti cominciano a girare per l’Italia con costi enormi. Forse si poteva ideare qualcosa di meglio, realizzare gli impianti di trasformazione e affidare con gara ai privati tutto il resto, raccolta e spazzamento».
Però Marino…
«Era difficilmente difendibile. Detto questo il professore ha ereditato il disastro epocale di Gianni Alemanno. E non è che ora se va via Marino tutto si risolve. Il Pd farebbe un grave errore se la pensasse così. Occorre una riflessione seria e approfondita».
Il sistema dei partiti capitolino fa spavento.
«Certo non sta tanto bene. Quanto successo nasce da una crisi evidente del Pd romano. La candidatura di Marino è uscita da lì. Con esiti fallimentari. Urge una bella autocritica».
E lui, Marino?
«La pacatezza è la mia ragione di vita politica. Magari poteva far capire meglio alla città priorità e orizzonte strategico. Magari poteva suscitare empatia. E a quel punto gli scontrini…».