LUI sì che se ne intende. Il suo nome è Arturo Parisi, è stato ministro con il centrosinistra, ma soprattutto il principale sostenitore dell’introduzione delle primarie in Italia. E non è finita: ha insegnato sociologia politica nell’ateneo bolognese e per vent’anni è stato responsabile dell’Istituto Cattaneo.
Professore, il popolo Pd ‘ama’ ancora le primarie. L’87% ne vorrebbe la convocazione sempre e comunque…
«Non mi sorprende affatto. Quel popolo è nato infatti con le primarie, anzi, meglio, dalle primarie, fin dalle prime del 2005. È davanti ai seggi delle primarie che infatti per la prima volta si è riconosciuto unito e mescolato a prescindere da ogni riferimento a storie passate».
E il 61% è anche per l’investitura non solo di un sindaco nuovo, ma anche di uno uscente…
«Queste sono distinzioni comprese e condivise all’interno del ceto politico. Il dato sta a dire solo quanto forte sia la domanda di partecipazione, cioè a dire di democrazia diretta diffusa tra la gente».
Però, in quest’ultimo caso si potrebbero ipotizzare primarie anche per il primo cittadino di Bologna Virginio Merola…
«Queste sono valutazioni e decisioni che toccano al Partito assieme a Merola. Io le farei sempre. Non foss’altro che per evitare discussioni già logoranti in sé. Ma, nella misura in cui uno Statuto è un patto, il patto prevede che non siano necessarie».
In generale, che cosa va rivisto nel meccanismo? Far votare solo gli iscritti ai partiti della coalizione? Tenerle aperte a tutti?
«Non modificare la regola iniziale, quella del 2004. Ne sono sempre più convinto non solo perché fu varata da un comitato che mi trovai a presiedere. Lasciarle aperte a tutti i cittadini che si dichiarino pubblicamente elettori dei partiti della coalizione e pronti ad accettare e difendere il risultato, quale esso sia».
Non crede che le primarie aperte siano troppo rischiose?
«Rischiose per chi? Certo per chi le pensa come la conferma pubblica di una decisione già concordata in privato. Per chi tenta di farle ‘ma anche’ di non farle».
Non trova curioso che «voci dal sen fuggite» parlino di un progetto per impedire ai sindaci che hanno svolto già due mandati di ricandidarsi?
«Lasciamo perdere. Non ho sentito nessuno che si sia azzardato a difenderle. Non solo perché è scorretto inventarsi a gioco aperto regole così evidentemente ‘ad personam’, ma perché introdurrebbero un principio generale difficile da far valere per ogni carica».
Il popolo Pd respinge (72%) con nettezza l’idea di primarie che includano anche Ncd. Segno di che cosa? Riaffermazione identitaria?
«La prova che le coalizioni non si possono improvvisare solo per vincere. Ma, se pensate per governare, esigono non solo di riconoscersi in un programma di legislatura comune, ma in un progetto politico con qualche radice passata e quindi capace di durare nel tempo».
Il candidato sindaco ideale, sempre a detta dell’elettore Pd, dovrebbe essere sotto i 50 anni e, per il 44%, donna…
«Vorrei analizzare meglio i dati. Ma, anche in questo caso, non mi sorprendo. Né l’enfasi sulla giovinezza, né il sottodimensionamento delle donne. Se avesse chiesto a me avrei portato le donne dal 44 al 50%, e alzato l’età anche se solo di un po’. Quello che conta è che un candidato abbia già dato una sicura prova di sé in qualche campo della società, abbia davanti tempo sufficiente per sviluppare il suo progetto per la città, e una attività a cui tornare che gli consenta di non doversi incollare alla poltrona».
Francesco Ghidetti