AHI. Il gioco si fa duro. E quando il gioco si fa duro, ecco che torna in campo, dopo distrazioni cinefilo-sportive, uno dei fondatori del Pd non certo ostile alla leadership di Matteo Renzi: Walter Veltroni. Che sceglie una platea simbolicamente importante: i 370 under 35 che si sono iscritti a Classe democratica, la scuola di formazione del partito. Non solo: Walter scandisce le sue parole il giorno prima di Renzi che oggi dirà la sua sempre qui al Life Hotel. L’ex sindaco di Roma è chirurgico: «Tutto questo dibattito sul Partito della nazione non mi convince perché è il contrario del partito a vocazione maggioritaria che non ha bisogno di cercare chi è lontano da sé per conquistare il consenso. Un partito a vocazione maggioritaria non si allea con tutti. Ma sfida se stesso per diventare tale». Seconda bordata: «Non dobbiamo tornare a una concezione neominoritaria per cui dobbiamo prender tutto sennò non ce la facciamo». Terzo affondo: «La politica? Va fatta insieme. Non è un one man show». E non è finita: «Sinistra non può essere conservazione, sarebbe un ossimoro». Per il resto, Veltroni accusa l’attuale gruppo dirigente di «abuso» delle primarie: non devono essere applicate a organismi di partito. Infine, il classico sassolino tolto dalla scarpa: «Non sono per un partito liquido, ma aperto», quindi «no» alle correnti e «sì» alla discussione.
Ma la giornata democratica è vissuta di altre polemiche. Dalla Sicilia si accusa il leader regionale Fausto Raciti di aver presentato un nuovo iscritto, il sindaco di Carlentini, «già cuffariano». La smentita, però, è decisa: stava con la lista «Il Megafono» di Rosario Crocetta, attuale governatore siculo. Anche Gianni Cuperlo, leader della sinistra Pd, è netto: «Le riforme costituzionali vanno votate con la maggioranza più larga. Non faccio polemica con chi le ha votate con noi. Ma è un’altra cosa se pezzi organizzati della destra scelgono di entrare nel nostro partito perché, se accade questo, quello non è più il nostro partito». E anche Pier Luigi Bersani, già leader affossato da Renzi, torna all’attacco.

Insomma, lo spettro della scissione è qualcosa di più di una minaccia. È realtà. Con feroci botta e risposta i cui protagonisti sono i renzianissmi Ernesto Carbone, Simona Bonafè, David Ermini. Gruppo dirigente che deve anche difendere l’immagine del partito. Come nel caso del sociologo Domenico De Masi. Il quale sostiene come il sistema del Giglio magico (vale a dire dei fedelissimi di Renzi) applichi lo schema della mafia. «Roba da querela», replicano dal Nazareno.