NO, EDDAI. Così non vale. Leggete bene che cosa scrive Marcello Minenna, già assessore a Bilancio e Partecipate della giunta capitolina: «Pochi giorni fa ho sentito il dovere di rassegnare le dimissioni dall’incarico affidatomi». Un po’ burocratico, ma chiaro. E sapete perché ha mollato ‘l’incarico affidatogli’? «Ho percepito quello che direi eufemisticamente un deficit di trasparenza nella gestione della procedura di revoca di quella delicatissima e nevralgica figura amministrativa del Capo di Gabinetto, vero garante della legalità e della trasparenza nella tecno-macchina comunale» (una specie di Bat-mobile?). Aridaje. Ancora quella parola. Magica. Evocativa. Identitaria. Insomma, un totem per il Movimento Cinque Stelle. Marce’, ti rendi conto che hai demolito uno dei capitoli più importanti del romanzo grillino?

DEL RESTO, il potentissimo Luigi Di Maio era stato chiaro: «Non è crisi è trasparenza» per giustificare l’inizio un po’ così della Raggi. Anche a scavare negli archivi trovi trasparenza a pacchi. Ricordate lo streaming? La diretta per ogni avvenimento? Il povero Pier Luigi Bersani fece una figuraccia epica quando, era il 2013, tentò di convincere i grillini a ipotizzare un governo col Pd. Matteo Renzi fu più bravo («Beppe, esci da questo blog! Non è un trailer di un tuo spettacolo»). Insuperabile Enrico Letta, che, da buon democristiano, mise all’angolo una supponente Roberta Lombardi. Lo streaming era un appuntamento fisso proprio nel nome della trasparenza. Preso dall’entusiasmo il senatore Vito Crimi diede alla radio (in diretta, of course) il suo numero di cellulare. Fu sommerso da quelle che lui, brav’uomo, definì «le richieste dei cittadini». Ma la trasparenza non era solo appannaggio dei big. Appio Antonelli – e chi maligna trattarsi di uno pseudonimo è solo un bieco antigrillino viscerale – è consigliere comunale dei pentastellati a Fondi, in provincia di Latina. Beh, si leggeva in una nota, «per il 2016 abbiamo in cantiere varie iniziative per dare maggiore incisività all’attività di ‘fiato sul collo’. Basta lacci e lacciuoli – scandì con espressione originalissima – le battaglie per la trasparenza continueranno».

DEL RESTO non erano trasparenti i neoparlamentari quando – in streaming – si presentarono ai cittadini: «Ciao, io sono vegano e mi sono disiscritto dalla Chiesa cattolica». Apperò. E poi c’era uno cui piacevano le verdure e quindi si voleva occupare di agricoltura e altre, interessanti, personalità. A dire il vero, qualcuno provava a mettere limiti alla trasparenza. Come Federica Daga, deputata nata a Oristano ed eletta a Roma: «Eh – scosse la testa – mica possiamo andare al bagno con la webcam attaccata alla tempia». Roba forte. Come quando Paola Massidda, grillina che ha conquistato Carbonia in Sardegna (un tempo rossa città descritta con rara maestria da Nanni Balestrini in Eravamo tutti comunisti), ha chiarito: «Il nostro programma si basa su trasparenza e democrazia perché il Comune sia un ‘palazzo di vetro’». Insomma, come in quei ristoranti dove si vedono i cuochi cucinare (in diretta) e senza tv che urlano. Così bello, così rassicurante. Come accade ora nel Movimento. Niente più dirette? Si sono dimenticati? Si è rotta la webcam? Oppure è meglio, come dicevano le nostre bisnonne, lavare i panni in famiglia senza sguardi indiscreti? A pensar male ecc. ecc.
PS E sul blog di Grillo cercar l’è vano di romane questioni.