Bologna Navona
Spassoso. Comico. Allegro, ma non troppo. Nostalgico. Autoironico. Mescolate questi aggettivi, con divertita lentezza, aggiungete un gocciolino di melanconia e avrete il bel romanzo-memoria-analisi introspettiva di Claudio Nutrito.
Attenzione. E' bene che chi ha la bontà di seguire questo blog letterario, tenga a mente alcune cose. Il libro mi ha subito incuriosito per il titolo: “Bologna Navona”, vale a dire la città dove (per ora, poi chissà...) vivo e lavoro e la piazza di Roma per eccellenza. Roma, la città dove sono stato per gran parte della mia vita. Di più: dove ho praticato una convinta e beata gioventù. E ancora: come sa chi mi legge, da tempo vado elaborando una riflessione sulle città come vere protagoniste dei romanzi. Ho scritto diverse recensioni e la fatica di Nutrito non poteva mancare. Sì, perché l'Autore ci racconta la sua vita, sotto forma di quasi romanzo, sospesa tra Bologna e Roma. Una Roma lontana, che ben conosco.
L'io narrante, Andrea, bolognese doc, ci arriva nel 1970, a trent'anni. E lì si innamora, lavora, si sposa, divorzia, fantastica, si muove tra intellettuali di più o meno sicuro spessore culturale e umano, dedica molto tempo al cinema (dottissimo e divertentissimo il suo continuo citare frasi e titoli delle pellicole in voga tra gli anni Settanta e Ottanta) e alla musica. Ma, soprattutto, con notevole capacità autocritica, si invaghisce, con lievi pennellate erotiche, ora di una ora di un'altra donna. Genere, diciamola tutta, decisamente superiore a quello maschile.
Lo stile di Nutrito – sarà perché l'autore ha sempre ricoperto ruoli dirigenziali e quindi non ha mai avuto molto tempo da perdere – è secco e scarnificato. Insomma, sa come si tiene una penna in mano. E poi, è la capacità di analisi, nascosta dietro una divertita ironia, a certificare la riuscita dell'opera. La memoria è il potente motore che dà un senso a questa storia, in un continuo gioco di rimandi tra passato e presente, tra Roma e Bologna, tra gli amori di gioventù e quelli dell'età adulta, sino alla commovente scena finale. Della serie: 'il primo amore non si scorda mai' (anche se, magari, non è mai stato tale). Il finale stesso – ovviamente non ve lo raccontiamo - è, tutto sommato, disarmante nella sua semplicità. Una sorta di inno alla vita, a non fermarsi nonostante gli anni che passano. O, addirittura, il definitivo passaggio dell'Autore all'età adulta. Lui non più giovane, finalmente capace di prendere decisioni costi quel che costi.
Questo taccuino d'amore e di cultura si sostanzia in un continuo “restare a bocca aperta” di Andrea. Molto gustosa la descrizione, proprio a inizio volume, del vezzo romano di dare soprannomi. Da qui il titolo: “Bologna” perché Andrea è di lì, “Navona” perché vive in una casa vicina alla piazza immortale di Roma. Oppure il dibattito sul “cacio e pepe”. Andrea è davvero sfortunato perché conosce moltissimi personaggi che propongono astruse ricette. Il cacio e pepe è con il pecorino romano (altro che parmigiano reggiano!) e il pepe. Punto. Niente olio o burro o, appunto, parmigiano. O, ancora, la moglie Rossella, una totale 'svalvolata', simpaticissima. O l'amico scrittore, incerto da sempre tra etero e omosessualità. Protagonisti un po' macchiettistici di un libro da leggere. Per divertimento. Ma anche per confrontarsi con i propri capitoli di vita. Una vita, rammentava Svevo, che non è mai né bella né brutta, ma originale.
LA FRASE Più BELLA: (a proposito del figlio) “Raccontargli le favole, la sera, quando è a letto: ecco la mia specialità. Comincio con le fiabe classiche, poi mi accorgo che preferisce quelle che invento io”. Niente di più vero.
PER I BOLOGNESI: C'è una bella topografia urbana. Dove giocava la Virtus. Dove aveva sede il "Carlino" e molto altro.
CLAUDIO NUTRITO, Bologna Navona, goselfie, s.i.p.