L’Europa si era data degli obiettivi per il 2020. Non che non valgano ancora, ma mancano solo otto anni e priorità che farebbero bene alla crescita, sono passate in secondo o terzo piano, spinte all’indietro dalle emergenze della crisi. Vale la pena ricordarle. Innalzamento al 75% del tasso di occupazione (tra i 20 e i 64 anni); aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3% del Pil dell’Eurozona; riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990 (del 30% se è possibile); il 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e aumento del 20% dell’efficienza energetica; riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%, aumento al 40% dei 30-34enni con un’istruzione universitaria; ridurre di almeno 20 milioni le persone a rischio povertà o emraginazione. Basta consultare i siti istituzionali dell’Unione europea per rendersi conto che la strada è tutta in salita. Prendiamo l’Italia, a che punto siamo? Tasso di occupazione: 67-69%. Ricerca e sviluppo: 1,53%. Obiettivi di riduzione del tasso di CO²: -13%. Efficienza energetica: 17%. Riduzione del
consumo di energia in Mtep: 27,9. Abbandono scolastico in 15-16%. Istruzione terziaria: 26-27%. Rischio di povertà o esclusione sociale in numero di persone: 2.200.000.
Ma è a scorrere ciò che viene indicato come “iniziative prioritarie“ che il senso del ritardo è più forte. Per esempio, alla voce Agenda digitale europea si trova l’ambizioso obiettivo di creare un mercato unico del digitale basato su Internet ad alta e altissima velocità e su applicazioni interoperabili. Ovvero: entro il 2013 accesso alla banda larga per tutti. Entro il 2020: accesso per tutti a velocità di Internet nettamente superiori (30 Mbp o più). Entro il 2020: almeno il 50% delle famiglie europee con connessioni Internet di oltre 100 Mbp.
Le ragioni degli obiettivi sono chiari. Si legge, sempre nei documenti istituzionali: la minore crescita dell’UE rispetto ai suoi principali concorrenti è dovuta per lo più allo scarto di produttività causato in parte da minori investimenti in ricerca e sviluppo e e innovazione; insufficiente uso delle tecnologie dell’informazione/comunicazione; difficile accesso all’innovazione in alcune parti della società. E giù i dati: le imprese europee rappresentano attualmente soltanto un quarto del mercato mondiale delle tecnologie dell’informazione/comunicazione, del valore di 2.000 miliardi di euro. Il ritardo con cui si diffonde Internet ad alta velocità si ripercuote negativamente sulla capacità dell’Europa di innovare, diffondere conoscenza e distribuire beni e servizi, oltre ad accrescere l’isolamento delle aree rurali.
Circa il 25% degli scolari europei leggono con difficoltà. Troppi giovani lasciano la scuola senza qualifiche. Meno di un terzo degli europei di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno conseguito un diploma universitario (contro il 40% degli Stati Uniti e oltre il 50% del Giappone). Nelle classifiche le università europee non raggiungono i primi posti e soltanto 2 si collocano tra le 20 migliori università del mondo (vedere l’indice di Shangai (ARWU).
C’è molto lavoro da fare.
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