Angela Merkel se la prende con i mercati e, invisita in Baviera, dai potentissimi parenti della Csu, tuona: «Non sono al servizio del popolo. Negli ultimi cinque anni hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza. Che è come dire che è colpa dello specchio se l’immagine riflessa di noi stessi non ci piace. Che è colpa dell’euro se i prezzi sono più alti in certi paesi che in altri che utilizzano la stessa moneta. Che il debito pubblico mostruoso di certi paesi non è da imputare alla politica ma all’Europa. Ecc… ecc…Già, la politica: suo è il compito di redistribuire la ricchezza e di garantire equità, se così vuole la maggioranza degli elettori che scelgono chi governa.

 Che c’entrano i mercati? E non è stata la politica più saggia, molto tempo fa, a indicare ai duri rigoristi che salvare la Grecia dodici mesi addietro sarebbe costato molto molto meno per tutti? A dire no sono stati i mercati o la Germania? E non è stata la politica più lungimirante a sostenere l’esigenza degli eurobond sentendosi rispondere continuamente nein? O sono stati i famigerati e fantomatici mercati?

La realtà è che la cancelliera tedesca va scoprendo ogni giorno quello che gli osservatori e i politici più attenti avevano segnalato da tempo: anche la Germania avverte i colpi della crisi, il sud d’Europa non compra più tedesco. E da sola non potrà andare molto lontano. C’è anche molto di questo nella riscoperta tardiva dell’Europa a Berlino. Resta da dire  solo: meglio tardi che mai. Perché tra le molte ragioni per apprezzare o criticare i tedeschi, ce n’è una che vale più delle altre: senza la Germania non c’è Europa.

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