La sofferenza delle imprese vive in questi numeri: per avere un prestito da uno a cinque anni fino a un milione di euro, le piccole imprese in Spagna pagano momento un interesse del 6,5%, un nuovo record dal 2008, quelle italiane il 6,24% e quelle tedesche il 4%, e questo con lo stesso tasso di riferimento.  Sono differenze impressionanti che costituiscono una sorta di concorrenza “sleale“ all’interno dell’eurozona, tra le imprese e hanno  un impatto fortissimo sulle famiglie. «Non riusciamo — ha ammesso Draghi ieri all’europarlamento — a perseguire la stabilita’ dei prezzi con l’attuale frammentazione del’Eurozona, perché i cambiamenti dei tassi d’interesse si riflettono solo uno, o due paesi al massimo». A questo dovrebbero servire gli acquisti dei titoli di Stato non essendo sufficiente per esempio il taglio dei tassi .

Una realtà di fronte alla quale nessuno può in buona fede pensare che gli interventi annunciati da Draghi non abbiano a che fare con la tenuta dell’euro e con la stabilità monetaria. Una realtà di fronte alla quale, sul fronte interno, la lotta al debito per contribuire ad abbassare lo spread è tuttora la priorità. Mai come ora i destini dei conti pubblici, la tenuta dell’eurozona e i costi per imrpese e famiglie sono incollati insieme dall’emergenza, dall’inerzia e dall’egoismo e dalle soluzioni che non  possono che essere europee. La dice lunga, a questo proposito, il quaderno di ricerca pubblicato ieri dalla Banca d’Italia  nel quale gli economisti di via Nazionale arrivano a stabilire che il livello “giusto” di spread tra i decennali italiani Btp e il decennali tedeschi Bund è di 200 punti. Livello giusto se rapportato ai fondamentali economici di crescita, condizioni fiscali e rischi finanziari. E gli altri 250? Dipendono dall’Europa. E non sono più solo un problema italiano, spagnolo, portoghese o inglese perché le lcoomotive d’Europa — Germania in testa, ma anche Francia e Olanda — stanno subendo i contraccolpi della crisi e il loro rallentamento è alla base della decisione presa ieri da Moody’s di rivedere al ribasso l’outlook dell’Unione europea, pur mantenendo il rating tripla A. Persino la Merkel delle ultime settimane sembra avere capito che Berlino non può salvarsi da sola. Tutti, insomma, sembrano avere chiaro cosa c’è da fare. Ma il tempo è scaduto da un pezzo e le sofferenze aumentano.