NON È VERO che i sogni non costano nulla. Quello europeo non è gratis, ma rinunciarvi hanno notato ieri a Milano il premier Enrico Letta e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso comporta un futuro in macerie. A Bruxelles gli argomenti non mancano. Le piazze dell’Ucraina invocano il modello Europa unita e dovrebbero suggerire che l’Ue affascina quanti non vi partecipano per quanto a Kiev prevalga forse più il no al modello Putin che la convinzione europea. Il travaglio dell’Obamacare dovrebbe suggerire che il Welfare europeo è un tesoro che gli americani non hanno, ma che ha bisogno di essere sempre più sostenibile dal punto di vista economico. La competizione con la Cina dovrebbe indicare che nessuno Stato europeo è grande abbastanza per uscirne vincente. Neppure la Germania di Angela Merkel.
Ma, allora, perché l’Europa è in panne? Perché la voce degli euroscettici sembra sovrastare le altre? Il rigore cieco, i sacrifici, la recessione, i diktat tedeschi sono parte delle risposte pret a porter. Meglio sarebbe ammettere, per esempio in Italia, che la stabilità politica è preziosa. Che i debiti sono debiti e non li ha fatti l’Europa. Che i problemi di competitività dell’economia italiana e il dramma della disoccupazione hanno radici antiche e pre euro. O che ridurre le inefficienze, la burocrazia, la spesa pubblica è la medicina che l’Italia dovrebbe prescriversi da sola e non per quel vincolo esterno sul quale Guido Carli contava da ministro del Tesoro affinché la politica, in sostanza, fosse costretta a fare ciò che e più utile al Paese che a se stessa.
ARGOMENTI SOLIDI, ma che difficilmente ridaranno slancio al sogno europeo. Né basterà il traguardo delle quattro unioni da raggiungere nei prossimi dieci anni: monetaria, bancaria, fiscale e politica. Non basterà perché, ha notato Barroso, non ci si può innamorare di un aspetto tecnico. Vero, l’Europa unita è stata costruita unendo ciò che era possibile, il carbone e l’acciaio. Ma quelle erano le materie prime per le quali gli europei si erano dati battaglia. Dietro quell’unione c’era un impegno: mai più guerre tra noi. Ma oggi l’austerità ha colpito anche le ambizioni e l’Ue non riesce neppure, per il no di Berlino, a costruire gli eurobond unendo ciò di cui abbonda: i debiti. Meglio limitarsi a pensare che quello che rischiamo di perdere è molto più del poco che abbiamo. Senza svolazzi, perchè con milioni di disoccupati la materia di cui sono fatti i sogni in questa Europa è terra rara.

pubblicato su Qn martedì 10 dicembre