AL PRINCIPIO fu la regina, Elisabetta I. A metà del ’500 emanò le poor laws e seminò il terreno europeo di quella solidarietà tra chi ha molto e chi ha poco che farà germogliare, nel corso dei secoli e delle rivoluzioni, quello Stato sociale che oggi resiste come una delle caratteristiche peculiari del vecchio continente rispetto al resto del mondo e, in particolare, agli Stati Uniti d’America come provano oltre oceano, e oltre ogni ragionevole dubbio, le peripezie dell’Obamacare. Ma il sistema di protezione sociale degli europei, non solo degli italiani, è in prospettiva tanto a rischio quanto ignorato nel confronto politico dell’Ue, concentrato sull’emergenza di corto respiro della crisi economica. Come se il tema del rigore nei conti pubblici, della ripresa economica, della lotta alla disoccupazione e della solidarietà tra gli Stati, qualcosa di estraneo alla domanda ineluttabile posta da una popolazione che, per fortuna, invecchia sempre di più, anche in buone condizioni di salute. ù
DI QUESTO, senza volerlo interpretare tirandolo per la giacchetta, ha parlato il Capo dello Stato, ricordando che l’Europa unita si fonda sull’economia sociale di mercato e ponendo la domanda delle domande a proposito dei diritti acquisiti: «Senza dubbio sono esposti a un rischio,
ma non tanto per la questione della velocità che si impone nei
processi decisionali oggi, quanto per il costo che alcuni
sostengono non essere più sostenibile da quando l’Europa si
trova alle prese con delle altre formidabili grandi presenze
economiche nel mondo molto competitive e alle quali deve
riuscire a reagire positivamente».
È la sfida del secolo, ma per vincerla occorre che qualcuno rinunci a qualcosa a favore di qualcun altro, che i garantiti cedano qualcosa a chi è meno garantito, e che gli Stati rivedano i loro meccanismi di protezione sociale rendendoli economicamente sostenibili.
Una lotta tra poveri? Tra padri e figli? I numeri non fanno sconti. Coniugare la via della crescita e il mantenimento della solidarietà tra le generazioni sarebbe la migliore controffensiva agli euroscettici. Un compito non facile anche per chi crede nel progetto europeo, la cui soluzione passa dalla porta stretta delle riforme. Non solo in Italia.

 

Pubblicato su Qn lunedì 14 aprile 2014