L’Ue ha mostrato di avere capito il segnale dato dagli elettori: ha dato più tempo all’italia, pur chiedendo riforme. Quello che segue è il commento pubblicato il giorno prima delle pagelle, lunedì 2 giugno, su Qn.

LA COMMISSIONE europea guidata da Manuel Barroso oggi darà, per l’ultima volta, le pagelle ai paesi europei. Il premier Matteo Renzi ostenta tranquillità e assicura di non temere i giudizi dell’Ue. Ma i criteri che i commissari mostreranno di avere utilizzato nelle loro valutazioni misureranno quanto nel primo palazzo di Bruxelles sia stato colto il segnale mandato forte e chiaro non dagli euroscettici, ma da quei quattro quinti degli elettori europei che hanno vinto davvero le elezioni: quelli che ancora credono all’integrazione, ma chiedono anche meno rigore e di guardare anche negli occhi della gente oltre che tra le pieghe dei bilanci.
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LE MATERIE d’esame sono tecniche, i giudizi sono politici. Probabilmente, per rimanere in Italia, i commissari benediranno le riforme avviate (e annunciate) dal governo, ma non mancheranno di stigmatizzare il rapporto tra debito pubblico che rimane altissimo oltre quota 135%. L’Italia ad aprile ha chiesto
di rinviare al 2016 il pareggio di bilancio, già spostato di un anno da Letta. La commissione, sempre ad aprile, rispose lasciando aperta la porta al rinvio e spiegando che avrebbe valutato il percorso di aggiustamento verso il pareggio di medio termine, raccomandando un ritocco dello 0,66%. Dovrà accontentarsi, per il 2014, dello 0,12. Basterà? Il ritardo nel risanamento, tra l’altro, influisce non solo sul pareggio di bilancio ma anche sul rispetto della cosiddetta
‘regola del debito’, che nel 2015 imporrà il taglio (un ventesimo all’anno) della parte che supera il 60% del nostro debito pubblico.
L’Ue, proprio a causa del debito pubblico, aveva messo l’Italia sotto monitoraggio per ‘squilibri eccessivi’, quindi potrebbe arrivare a lanciare un vero e proprio avvertimento formale e chiedere maggiori sforzi per ridurre il deficit strutturale.
Dai comportamenti di Bruxelles — che a Parigi aveva già concesso più tempo nonostante i conti in disordine, negandoli a Roma con i conti in regola, ma con troppi debiti — si capirà se il messaggio delle urne è arrivato forte e chiaro. È il giorno dei giudizi, anche per Bruxelles.
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