«LA RIPRESA non è ancora decollata perché manca la fiducia». Dunque, è l’analisi di Pier Paolo Baretta (foto), non c’è da cullarsi troppo sui dati dell’occupazione. Il sottosegretario all’Economia lo dice senza fronzoli: «La clausola per gli investimenti va chiesta all’Ue, a prescindere dalle esigenze specifiche, i margini ci sono. Cinque miliardi si possono spuntare».
Il premier esulta per il calo della cassa integrazione, ma da Moody’s arriva la doccia fredda sulla crescita nel 2016, appena sopra l’1%. Non proprio un invito all’ottimismo…
«I dati sull’occupazione confermano che è in atto un’inversione di tendenza e, se guardiamo a come eravamo un paio di anni fa, l’ottimismo è giusto. Certo, non c’è da stare tranquilli. Anzi, bisogna lavorare sodo. La ripresa è fragile».
Eppure, tutti si aspettavano una crescita un po’ più solida. Perché il Pil non decolla?
«Innanzitutto, c’è un quadro internazionale complesso: anche Germania e Francia hanno i loro problemi. Ma, soprattutto, non è ancora scattato il meccanismo della fiducia da parte di consumatori e investitori. La ripresa non è solo un problema del Governo, tutti devono fare la propria parte».
Il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, sostiene che il Jobs Act morirà se non si rendono strutturali gli sgravi per le assunzioni.
«Il tema non è la strutturalità ma il rinnovo per il prossimo anno, perché gli incentivi devono stimolare le assunzioni nell’immediato. Al massimo si può pensare a un piano triennale da qualche miliardo».
Serviranno diversi miliardi, almeno 5-6, da aggiungere al menù della legge di Stabilità. Inevitabile chiedere un’ulteriore flessibilità all’Europa?
«Fa parte del pacchetto. A settembre, si tireranno le somme per vedere se e quanto chiedere. Prima bisogna vedere quanto arriverà dal rientro di capitali e dal gettito Iva, che dovrebbe superare le stime. I margini per chiedere più flessibilità ci sono».
È plausibile riuscire a spuntare almeno altri 4-5 miliardi? Magari facendo leva sulla clausola per gli investimenti.
«Sì, è una cifra plausibile. Nella trattativa l’Italia ha due vantaggi: sta portando avanti gli interventi di riforma e, nonostante il pesante debito pubblico, ha uno degli avanzi di bilancio migliori d’Europa. Detto questo, credo che sia giusto chiedere la clausola per gli investimenti a prescindere dalle esigenze specifiche di quest’anno».
A proposito di riforme, il piatto forte dell’autunno sarà la ‘rivoluzione copernicana’ del fisco annunciata da Renzi. L’eliminazione della Tasi complica la nascita della Local tax?
«Si toglie un addendo alla nuova imposta e questo potrebbe semplificare il processo. Naturalmente, i Comuni devono essere compensati per la mancata entrata».
Il catasto rientrerà nel pacchetto? Il premier congelò la riforma temendo che venisse percepita come un aumento della pressione fiscale…
«È una valutazione politica. La Local tax può viaggiare per conto proprio. Catasto e giochi sono due deleghe lasciate cadere e ora sul tavolo del premier, non penso rientreranno nella manovra. Magari singoli aspetti, vedremo».