«FINALMENTE un dato temporalmente lungo su occupazione e crescita: siamo sulla strada giusta». Il ministro Graziano Delrio festeggia i numeri sfornati dall’Istat, nella consapevolezza che il percorso non sarà comunque in discesa. A partire dalle prove che attendono il governo in autunno: «Siamo qui per cambiare il Paese – avverte il titolare delle Infrastrutture –, se non ci lasciano governare non siamo attaccati alle sedie».
La crescita dello 0,3% nel trimestre, insieme con i dati positivi sull’occupazione, vi fanno confidare di superare le stime per il 2015?
«Ad oggi non possiamo sapere se avremo più margini. Siamo molto felici perché la vera sfida è aumentare il potenziale di crescita e gli occupati, e ora possiamo dire di essere sulla strada giusta. Con due dati significativi: l’occupazione è aumentata anche al Sud e nell’edilizia».
Secondo il leader degli industriali, Giorgio Squinzi, non basta e non è merito del governo…
«Non credo sia così, perché altri Paesi come la Francia hanno realizzato una crescita zero nonostante gli stessi fattori esterni. I provvedimenti del governo, dalla defiscalizzazione al Jobs Act, stanno dando i primi risultati. L’Italia deve terminare la corsa al lamento».
A proposito di Sud, a che punto è il piano del governo?
«I pilastri sono due: favorire l’impresa e accelerare le infrastrutture. Scuole, ferrovie, aeroporti, legalità: ci sono diversi gruppi di lavoro. I primi passi si vedranno già il 5 settembre a Milano».
Il rinnovo degli sgravi fiscali per i neoassunti sarà concentrato sul mezzogiorno?
«Ci sono diverse ipotesi. L’obiettivo è rafforzare l’industria manifatturiera del Sud, comunque non è stata presa nessuna decisione di togliere gli sgravi alle altre imprese. Dipende dalle cifre che ci consentirà la flessibilità».
Il premier ha parlato di 17 miliardi complessivi, dalla clausola investimenti riusciremmo a spuntare 5-6 miliardi? E, soprattutto, a impiegarli?
«La cifra è quella. Una volta riconosciuta la sapremo sfruttare appieno: da Anas a Ferrovie ci sono già diversi progetti in cantiere».
La flessibilità è anche alla base del maxi taglio delle tasse, però l’Europa ci raccomanda di ridurle sul lavoro, non sulla casa… Il premier tira dritto. L’eliminazione della Tasi si complica?
«Le tasse sul lavoro abbiamo già iniziato ad abbassarle. Tagliare una tassa che grava soprattutto sui ceti medio-bassi è un’operazione complementare, non alternativa, che può favorire la ripresa dei consumi».
Però verrebbe tolta a tutti, anche ai ricchi…
«L’indicazione del premier è di eliminare la Tasi in modo semplice ed immediato per tutti».
Tornando all’edilizia, Renzi aveva annunciato un piano da 20 miliardi per sbloccare i cantieri. A che punto siamo?
«Non ce lo siamo dimenticati, stiamo lavorando su tutti i settori che danno il monte di investimenti: dai Provveditorati a Ferrovie, fino ad Anas. Solo per il dissesto ideologico abbiamo già sbloccato cantieri da 1,5 miliardi. Un lavoro di stimolo e monitoraggio svolto ogni giorno qui al ministero. L’Istat rivela, per la prima volta da quasi 20 trimestri, una ripresa dell’occupazione in edilizia, 34mila unità in più. Qui concentreremo i nostri interventi».
In che modo rinnoverete l’ecobonus?
«Stiamo ragionando con il Tesoro su diverse ipotesi: dalla proroga tout court a una più selettiva. La mia proposta è quella di ampliarlo a edilizia residenziale pubblica e capannoni industriali. Nel 2015 il bonus ha attivato lavori per 25 miliardi, con ricadute positive per le casse dello Stato».
Il piano Juncker a che punto è?
«Stiamo selezionando i progetti. Gli ultimi sono stati Autovie e Pedemontana. Il parco è ampio ma li presenteremo di volta in volta quando saranno affinati».
Settembre, mese cruciale per il governo: un inciampo sulle riforme costituzionali porterebbe alle urne?
«L’orizzonte è quello di governare fino al 2018, ce lo chiedono gli italiani. Siamo qui per cambiare il Paese, se non ce lo fanno fare ne prenderemo atto… non siamo attaccati alle sedie».