Fabio Fazio 8 (7 per la conduzione, 9 per la direzione artistica): Ha avuto il merito di credere in un Festival senza “bellone-vallette” che sfoggiassero abiti da sera e farfalline, ma ha preferito puntare su una co-conduzione alla pari giocata sull’ironia. Ha lasciato che i ‘campioni’ fossero campioni fino alla fine, senza esclusioni umilianti e classifica. Lodevole il suo impegno per cercare un giusto mix tra tematiche sociali e spettacolo popolare.

Luciana Littizzetto 9: E’ stata la grande mattatrice della 63ma edizione. Dissacrante e ironica, “Lucianina” ha saputo regalare anche momenti di riflessione al pubblico televisivo. Promossa a pieni voti e con lei anche i suoi autori.

I cantanti 8: I ‘big’ hanno fatto meglio delle loro canzoni, non sempre all’altezza delle aspettative. Nel complesso, però, sono stati capaci di emozionare, divertire, coinvolgere il pubblico.

I comici 6: Contestazioni a Maurizio Crozza a parte, non sono riusciti a offrire veri momenti di ilarità. Colpa della par condicio elettorale? Forse. O forse colpa dell’ambiente festivaliero che male si sposa con crasse risate alla Zelig.

Gli ospiti 7 1/2: Azzeccata la scelta degli ospiti (tranne qualche eccezione) e l’idea di dare spazio alle esibizioni di giovanissimi talenti. Ancora una volta i più televisivi si dimostrano gli sportivi (o ex sportivi). Deludono un poco le top, malgrado il fascino e la bellezza. Un applauso a Carlà (Bruni), geniale Stefano Bollani.

Sanremo Story 8: La formula, ormai consolidata, della serata auto-celebrativa del Festival con la re-interpretazione dei grandi successi della canzone italiana funziona e soprattutto fa digerire meglio le cinque giornate della kermesse.

I giovani n.p.: Ancora una volta relegati a tarda ora e a brevi passaggi sul palco dell’Ariston. Viene da chiedersi: ma non sarebbe meglio trovare un altro modo per dare visibilità alle nuove leve della musica?