Parlare (anzi scrivere) male di Miss Italia 2013 (lo show, non la neo reginetta Giulia Arena) è fin troppo facile. Non per un’indole moralizzatrice dei costumi o per uno slancio di femminismo acuto, ma semplicemente perché lo spettacolo non è stato all’altezza del suo nome. Spettacolo, come recita il dizionario della lingua italiana, in senso figurato significa: vista, fatto o fenomeno di straordinario interesse. Purtroppo quello che è andato in scena domenica sera è stato di tutt’altro genere e i dati Auditel parlano chiaro: meno di un milione di telespettatori, share del 5,5%.

Inutile dirlo, il programma è apparso improvvisato. Forse perché l’accordo per la diretta tv con La7 è arrivato all’ultimo, forse perché era ancora tarato su tre giornate e l’essere stato condensato in una soltanto lo ha penalizzato, forse perché gli organizzatori erano troppo impegnati a dimostrare che questo concorso aveva ancora qualcosa da dire. Il risultato è stato scarso e soprattutto ha danneggiato proprio quelle che sarebbero dovute essere le protagoniste della serata: le ragazze in gara. Niente sfilate con abiti da sera, niente spazio per performance dal vivo (solo una clip dei provini per la rosa delle sei finaliste) e nemmeno coreografie collettive (saranno stereotipate, ma lasciare che ognuna si muovesse per i fatti suoi come in discoteca ha dato un gran senso di confusione).

Peccato, perché in alcuni casi queste nuove aspiranti leve dello spettacolo (si spera con la S maiuscola) sono apparse più professionali e convincenti dei professionisti che avrebbero dovuto dirigere la “baracca”. Troppe le papere di Francesca Chillemi, con tempi di assenza dal palco lunghissimi; inconcludente la doppia conduzione affidata a Massimo Ghini e Cesare Bocci, spesso ridotto al rango di semplice valletto del collega; imbarazzante (o imbarazzata) la giuria con membri non troppo convinti, come Salvo Sottile che, sconfessando in diretta tv e via Twitter la sua partecipazione, avrà sicuramente rimpianto di non aver seguito l’esempio di Enrico Mentana. Da bocciare, poi, la regia che troppo spesso sbagliava le inquadrature.

Personalmente non sono convinta che Miss Italia vada abolito, ma che sia necessario riscrivere il format e riadattarlo ai nostri giorni sì. L’Italia di adesso non è più quella del secondo dopoguerra in cui Enzo Mirigliani lanciò il concorso. Basta guardare la vincitrice per rendersene conto: Giulia Arena è una ragazza spigliata, con le idee chiare, che non ha nemmeno pianto al momento dell’incoronazione. Ecco, gli autori e gli organizzatori dovrebbero riflettere su questo. Altrimenti potremo dire senza smentirci che “Miss Italia finisce qui”.