Si può fare di più?
Certe volte i telegiornali sono colpi al cuore: ti mettono sotto gli occhi scene dure e crude che siamo, di solito, bravissimi ignorare e rimuovere dalla nostra coscienza razionale. I conflitti delle più varie nature in paesi lontani da noi ci vengono raccontati per immagini forti, pezzi di vita che sembra ancora più estranea non solo per motivi geografici ma anche per la distanza tra il nostro modo di vivere e il loro - tant'è che le bombe da noi vengono nascoste in una macchina, là sulla schiena di un povero asino: una questione di economia locale.
Allora oltre al dolore per le persone si aggiunge anche la pena per certe povere bestie, sfinite come e più dei loro padroni: e non so il perché ma a volte quello che ti colpisce di più, che ti fa sentire più vergognosamente fortunato e sicuro è proprio una povera bestia scheletrica attaccata a un carretto rudimentale o sepolta da un basto sproporzionato, pesante come la morte.
Illogico? forse.
Ma tutta l'incongruenza di sentimenti poco governabili (è ovvio che le persone vengono prima degli animali: perché provare più pena per un cavallo scheletrico che per il suo padrone, altrettanto malmesso?) la senti in qualche modo riconosciuta e condivisa da associazioni come l'inglese The Brooke: operano in vari paesi extra-europei per migliorare le condizioni di vita degli animali da lavoro e, attraverso questi, quella delle persone che li usano.
"I miei asini li potevo usare solo un anno, adesso invece mi durano 3-4 anni": pensate bene a quello che c'è dietro, non è un risultato da poco. Sia per le persone che per gli asini.