Saranno anche coincidenze.
Già è difficile seguire i percorsi dei nostri da casa, già è un patema accompagnare così da lontano ogni salto, ogni girata, ogni sferzata di coda dei nostri binomi. Ma sbarrare gli occhi su una girata un po' stretta di Stefano Brecciaroli con tutte le dita disponibili incrociate e contemporaneamente accorgersi, terrorizzati, che il commentatore della Rai commette l'imperdonabile errore di dire qualcosa di TROPPO ottimistico nemmeno a metà percorso e inevitabilmente assistere all'inevitabile - cioè la fermata di Apollo su un dritto, sì proprio mentre l'ineffabile commentatore di cui sopra si compiace di anticipare un per lui troppo ovvio successo.......FA VENIRE VOGLIA DI URLARE!
Perché un percorso non è mai finito finché non è finito, perché è più semplice fare errori che un netto, perché stare lì su quei cavalli e limare secondi e centimetri e governare il loro sangue e il loro cuore è un equilibrio delicatissimo e difficile, dannatamente più difficile da quello che può sembrare a noi chiacchieroni comodamente seduti davanti a un monitor pronti a esultare per ogni oro come se fosse nostro e altrettanto lesti a etichettare fallimenti addosso a chi è lì a sudare e riassumere anni e anni di lavoro in poche manciate di salti o spiccioli di tempo.
Perché ci vuole rispetto per il lavoro e per il sudore: e si dimostra anche facendo il piccolo, piccolissimo sforzo di non sottovalutare le difficoltà che mancano prima della fine di un percorso - e anche evitare di portare sfiga ha la sua importanza, tanto per usare un termine tecnico trasversale a tutte le discipline, olimpiche e non.