Murgesi: il primo amore non si scorda mai.
Spesso prima di mandare i pezzi al giornale li faccio leggere agli uomini di casa che un po' sbuffano, ma generalmente si prestano a fare da cavia nonostante la loro manifesta sindrome da tasche-piene-dei-tuoi-sproloqui-equini . Dopo alcuni articoli dedicati a varie e disparate razze mio figlio ha commentato, poco tempo fa: "Mamma, non si riesce a capire quale sia quello che piace a te: a leggerli sembrano tutti il miglior cavallo del mondo".
Il che è esattamente quello che sento. Invecchiando mi sono accorta che non ce n'è uno che possa dire veramente preferito perché loro sono tutti cavalli e hanno tutti in comune quella dannata, toccante, disarmante sensibilità e capacità di accontentare i desideri più astrusi della nostra perfida razza umana, e questo per me li rende tutti uguali.
Ma nonostante questo anche per me c'è una razza speciale, quella che considero il mio primo amore e fa lo stesso se non sono stata troppo fedele con il passar del tempo: perché ancora mi emoziona quando vedo uno dei suoi figli e ogni volta mi tornano su tutti i bei momenti di quando ero ragazzina e affamata e pensavo che non ci fosse al mondo qualcosa di più meraviglioso di un cavallo Murgese.
Da qui potrete capire come mi sono sentita mentre scrivevo la puntata Murgia della serie sulle razze, che trovate sul numero di Cavallo Magazine ora in edicola: non ho nemmeno provato a fare qualcosa di asettico o equidistante anzi ho proprio preso la cosa dal punto di vista più personale, che era la cosa più onesta da fare.
Ma dentro la tastiera mi sono rimaste tante cose che non potevo raccontare lì su quelle pagine, nemmeno se parlavano di Murgesi: non ci ho potuto mettere il suono degli zoccoli di una pariglia di stalloni morelli dell'Istituto di Incremento Ippico di Foggia che facevano tremare la terra sotto il loro trotto ad una Fieracavalli di tanti anni fa. Non ci ho potuto mettere tutta la gratitudine che sentivo per quegli allevatori che mi facevano montare in sella ai loro cavalli così, senza nemmeno sapere chi fossi, e mi ringraziavano pure! che mi sembrava un mondo alla rovescio, perché avrei pagato oro per riuscire a fare due passi su un certo stalloncino grigio di tre anni ad una Fiera di Martina Franca e mentre lo guardavo imbambolata il suo proprietario viene da me e mi chiede gentilissimamente "Signorì, mi facisse la cortesia?..." , tiene il puledro per la testiera e mi gira la staffa bene per invitarmi a montare in sella.
Non ci ho potuto mettere nemmeno la sfacciataggine di quella volta che mi sono iscritta ad uno dei fantastici raid Martina Franca - Bari, organizzati in occasione di Hippos (fiera mediterranea del cavallo che si teneva negli anni ottanta) mentendo spudoratamente sulle mie capacità tecniche: era richiesta una competenza in sella di un certo livello, e io senza arrossire ho vantato una anzianità equestre del tutto slegata dalla realtà (erano tre mesi che prendevo lezioni in maneggio) pur di accaparrarmi il posto in sella. Eppure una volta laggiù non mi hanno fucilata, anzi ho conosciuto un amico che non solo mi ha affidato la sua puledra più cara - Viva, quanto era bella e quanto era brava - ma ha anche cominciato ad insegnarmi le cose importanti della vita coi cavalli: penso che sia partita tutta da lì la mia mania di approfondire storia e teoria e pratica di tutto quello che gira attorno a loro, dal modo garbato e divertente con cui Giorgio de Martini (ingegnere genovese prestato al R.I.NA. di Taranto, oltre che allevatore di Murgesi) si prendeva la briga di mettere qualcosa di serio dentro la mia testolina piena di punti esclamativi. Grazie Giorgio, davvero grazie.
Non ho potuto metterci tutte le giornate passate con la mia Vaniglia (la mia prima cavalla, rigorosamente Murgese), tutte le volte che mi sentiva distratta e mi dava una scrollatina mandandomi per terra e tutte le volte che faceva qualcosa che un altro cavallo avrebbe trovato impensabile e lei manco si degnava di mostrarsi stupita - salvo considerare le pozzanghere mostruosità incomprensibili, e le biciclette come ordigni infernali. In compenso era assolutamente impassibile nei passaggi su ponti a traversine con decine di metri di vuoto sotto, non si scomponeva un crine in discese stile Baldissero (con o senza metri di neve sotto la pancia) e aveva una splendida tendenza a dare battaglia contro qualsiasi cosa ritenesse inopportuna (la volta che si mise freddamente in posizione di tiro e centrò in pieno con una calcolatissima doppietta la marmitta di un cretino motorizzato che aveva pensato di darci fastidio durante una delle nostre passeggiate solitarie, non la dimenticherò mai).
Per cui perdonatemi se troverete l'articolo sui cavalli Murgesi un tantino emotivo: ma come potete capire, mi sono persino trattenuta.