Cavalli e altri amici

La signora Lucia, Sant’Antonio e un po’ di bestie.

E' appena passata la festa di Sant'Antonio, protettore degli animali e quindi molto caro a chi gli animali li mette al centro della sua vita o più semplicemente della sua passione. Ma quest'anno il 17 gennaio io l'ho passato dalle parti di Roma, e i due elementi combinati assieme  - bestie assortite e parlate romanesco-laziali nelle più varie sfumature - mi hanno riportata indietro di 40 anni secchi,  quando abitavo dalle parti di Anagni  e scappavo dalla signora Lucia per stare con i suoi asini.

Ci eravamo trasferiti lì da poco per via del lavoro di nostro padre, avevo 6 anni e mi sembrava di essere arrivata sulla luna. Non capivo il dialetto che parlava la gente, in chiesa invece del nostro pacioso don Mario c'era un frate tempestoso con un barbone apocalittico (don Evaristo), nemmeno il pane era come quello che conoscevo io:  pagnotte tonde grandi come me al posto delle crocette sfrolle, coi crostini che erano tanto comodi da rosicchiare. Mia sorellina era piccola e non camminava ancora, mia mamma non stava mai molto bene a causa di una difficile gravidanza e io passavo tutto il mio tempo affacciata al balcone di casa, che dava sulla via Casilina.

Ma non era mica il  traffico locale che mi interessava, a me piaceva guardare verso Anagni che se ne stava su una collina piena di ulivi e cavalli (c'erano i paddock di un allevamento piuttosto importante, credo, a giudicare da quel che riguardo dalla bellezza dei soggetti), e sopratutto  i due asini che vedevo vicinissimi, nella campagna di là dalla strada: enormi, scuri con il musello bianco, sempre legati all'ombra di una pianta  davanti a un bel mucchio di fieno quando non erano attaccati al carro del loro padrone per qualche piccolo trasporto agricolo. Mi piacevano da matti, erano la cosa più simile a un cavallo che avessi mai potuto avere così quotidianamente a portata di mano  e passavo le ore a guardarmeli.

I padroni dei due asini erano i signori Vespa (sì, credo fossero parenti): lui gentile e di poche parole, lei sorridente e calorosa ed enorme proprio come una balia ciociara. L'ho sempre chiamata Signoralucia come se fosse un nome unico, tuttoattaccato e ancora adesso quando la penso mi viene da sorridere e stare bene, in automatico.

Per via della salute di nostra mamma eravamo più spesso dalla Signoralucia che a casa nostra, ma noi non ci siamo mai rese conto di nulla perché grazie a quella famiglia eravamo semplicemente due bambine, libere di giocare come tutti gli altri del paese e seguite in modo amorevole e attento da tutta la famiglia Vespa. Antonella (la figlia, bionda e davvero bellissima) si prendeva più cura di mia sorella piccola, io stavo alle calcagna dei due ciucci (ma il signor Vespa mi aveva insegnato a stare attentissima, guai se mi avvicinavo da dietro o andavo vicina al maschio che mozzicava) o in mezzo ai piedi di tutti quando lavoravano con le bestie. Mi divertivo quando mi schizzavano con il latte mentre mungevano le quattro vacche della minuscola stalla, andavo a prendere le uova delle galline con la Signoralucia dentro al pollaio, guardavo il porcello dentro al suo chiusino e sapevo che la Signoralucia avrebbe pianto per una settimana a dicembre, quando lo avrebbero ucciso per farne salsicce. Il massimo era quando attaccavano i ciucci al carretto e andavamo tutti in campagna, seduti dietro con le gambe penzoloni: una volta abbiamo anche visto un incendio che si mangiava tutto un campo di frumento, era bellissimo e spaventoso insieme e mi sembrava così strano sentire nello stesso tempo due cose tanto diverse. Mi davano anche da pensare le zappe, che erano corte e andavano usate stando piegati a mezzo: non capivo proprio come mai fossero tanto diverse da quelle che usava mio nonno, a manico lungo.

Poi c'erano il cane, i gatti, i conigli a pezze bianche e nere, la tinozza dell'acqua buona con il mestolo di rame da usare come bicchiere e il pentolino del sugo sempre nell'angolo del camino, con due pezzettini di brace sotto che lo facevano andare piano piano. E in mezzo a tutto c'era sempre lei, la Signoralucia: così rassicurante, serena, sorridente, con le boccole d'oro che le allungavano i lobi delle orecchie e gli occhi neri, brillanti, che anche quando non capivo quello che diceva (ci avevo messo un po' ad abituarmi al ciociaro) mi facevano stare tranquilla, non ricordo di avere mai avuto paura di niente nei due anni che ho passato lì con loro.

Anche nella stalla della Signoralucia c'era  un'immaginetta Sant'Antonio. Stava sopra un altarino piccolo piccolo con una tovaglietta di carta ritagliata,  la sua brava lucina rossa e  lì le ragnatele non c'erano mai che qualcuno dava sempre una pulita passando; e allora  quando è Sant'Antonio penso a quella meraviglia di Dio che sono gli animali e alle tante, belle persone che sanno vivere con loro.

E alla mia signora Lucia, che piangeva ogni dicembre per il suo maiale, cuoceva il pane nel forno a legna e ci voleva bene come se fossimo sempre state con lei, anche quando non ci conosceva  o eravamo state lontane per anni.

 

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