Cavalli e altri amici

Siciliano: Orientale non lo so, ma Purosangue di sicuro.

A me piace guardare la gente. Proprio osservarla, vedere cosa fa, come si muove, cosa dice e di che pasta è fatta. Non mi annoio mai in questo esercizio e molto spesso mi faccio dei film su quello che immagino siano passato, presente e futuro di soggetti particolarmente interessanti - che non lo sono mai per l'appartenenza a determinate categorie, ma solo per le peculiarità del loro modo di essere.

Uno di cui ho trovato pochi simili è Giuseppe (o meglio: Pucci) Majorana.

Magro come un cavallo da corsa, nirbuso e ombroso, pungente e sarcastico e piccante. Ma sempre all'interno di un binario fatto di educazione e gentilezza, tanto che a volte non si capisce nemmeno se ti fa un complimento o ti tira le orecchie. Mi ha sempre dato l'impressione di avere un cervello troppo veloce per il mio, un'andatura troppo brillante per il mio passo: son lì che cerco di immagazzinare un par di cose che ha detto e già scappa avanti a naso per aria, sembra di inseguire un vento dispettoso che si diverte a far mulinelli in aria e poi ti accorgi che quello che si lascia dietro non sono foglioline secche, ma cose da tenere e ponderare con cura.

L'ho inevitabilmente chiamato in causa nell'articolo che troverete questo mese in Cavallo Magazine sull'Orientale Siciliano: la sua famiglia è da più di un secolo legata a questa razza e non avrei potuto farne a meno. Ma sarebbe stato meglio  chiamarlo anche direttamente e sviscerare (ancora una volta!) questa bellissima storia con lui. Che mi ha appena scritto in una delle sue mail cortesemente scoppiettanti, tutte le precisazioni orgogliose che doveva fare lisciate con garbo da una mano di velluto - ma il succo del discorso che m'ha fatto è che:

"... la ricerca prova come le registrazioni realizzate dallo stato italiano siano reali e che la provenienza siriana derivante dall'aplotipo esistente sia riconducibile alla dinastia di Dauphina Sirina Kuhailan. E' pertanto mia opinione che allo stato dell'arte siano altri ad effettuare un severo controllo sulle loro genealogie e questa volta veramente in bocca al lupo".

Segue la traduzione di un importante articolo uscito il 13 settembre  2001  sul Journal of Heredity riguardante l'analisi genetica delle razze siciliane: ve la copio e incollo in calce più sotto, da questo link l'originale in inglese.

Per chiosare: Pucci cominciava la sua mail magnificando la mia ispirazione di stampo salgariano. Solo che io, da fedele lettrice dei Misteri della Jungla Nera, so benissimo che Emilio Salgari si infilava in un barile a mollo nel fiumiciattolo di fianco casa sua per immaginare come ci si sentisse a navigare nello stretto di Malacca su di un disagevole praho malese: Pucci,  è forse un invito a venire a conoscere gli Orientali Siciliani da vicino? perché nel caso lo fosse...accetto volentierissimo!

ANALISI GENETICA DI RAZZE DI CAVALLI SICILIANI AUTOCTONI MEDIANTE  MARCATORI DEL DNA NUCLEARE E MITOCONDRIALE

Abbiamo analizzato la diversità e la relazione genetica tra 3 razze di cavalli siciliani mediante 16 marcatori micro satelliti e una sequenza del D-loop mitocondriale di 397-bp. L’analisi del DNA autosomico è stata eseguita su 191 cavalli  (80 Siciliano [SIC], 61 Sanfratellano[SAN], e 50 Puro Sangue Orientale Siciliano [SOP]. Le razze SIC e SAN presentavano una variabilità genetica notevolmente maggiore rispetto al SOP. Le distanze genetiche e la Cluster Analysis hanno rilevato uno stretto rapporto tra le razze SIC e il SAN, come ci si aspettava a partire dalla loro storia. Il sequenziamento  della regione ipervariabile del  DNA mitocondriale è stato eseguito in un sottogruppo di 60 giumente (20 per ciascuna razza). Sono stati individuati complessivamente 20 aplotipi con 31 siti polimorfici. Una maggiore diversità aplotipica è stata riscontrata nelle razze SIC e SAN, rispettivamente con 13 e 11 aplotipi, mentre nel SOP se ne è individuato solo uno.Abbiamo qu9ndi effettuato una comparazione con 118 sequenze della GenBank. La ricerca BLAST ha dimostrato che 17 aplotipi su 20 erano stati precedentemente descritti in altre razze. Di un aplotipo , individuato nel SIC, si era trovata traccia in un sito archeologico dell’ Età del Bronzo (Mongolia Interna). Le tre razze siciliane sono ora rare e 2 di esse sono state dichiarate ufficialmente a rischio di estinzione. I nostri risultati rappresentano uno strumento importante in vista dell’elaborazione di strategie di gestione e ai fini della conservazione.

Parole chiave: conservazione, D-loop, diversità genetica, micro satelliti, DNA mitocondriale, cavalli siciliani

La Sicilia vanta un’antica tradizione di allevamento dei cavalli che risale alla dominazione greca (600 a.C.).  Fino al XVI secolo sono state allevate in Sicilia principalmente due diversi tipi di cavalli: l’Asiatico e il Nordafricano. L’incrocio fra questi due tipi generici diede origine alla “razza siciliana” (Chiari 1901).Grazie alla sua bellezza e alle sue forme armoniose, è stato considerato un esemplare ammirevole, tanto che alla fine del XV secolo Leonardo da Vinci scelse un cavallo di nobile razza Siciliana (il cavallo Siciliano di Galeazzo Sanseverino) come modello per i suoi studi sulle proporzioni del corpo del cavallo. All’inizio del XX secolo, la razza siciliana conservava  ancora la sua eccellente reputazione ed era una delle poche razze equine italiane ufficialmente riconosciute (Diffloth 1923).

Oggi si contano circa 30.000 cavalli sull’isola, ma solo l’8% è rappresentato dalle  razze autoctone denominate Siciliano (SIC), Sanfratellano (SAN) e Purosangue Orientale Siciliano (SOP).

Quella del SIC (400 capi) costituisce una popolazione eterogenea e in larga parte allevata allo stato brado che , pur non avendo ancora ricevuto alcun riconoscimento ufficiale, rappresenta uno dei più autentici retaggi genetici della razza equina in Sicilia. I SAN (1600 capi) e i SOP (150 capi) sono considerati a rischio di estinzione (per ulteriori dettagli cfr. Zuccaro et al. 2008).

La caratterizzazione genetica delle razze in via di estinzione è un presupposto irrinunciabile di ogni strategia di conservazione e allevamento. Il DNA mitocondriale (mtDNA) è stato utilizzato per studiare le origini e i rapporti genetici tra diverse razze equine(Royo et al. 2007; Perez-Gutiérrez et al. 2008) per poter quantificare la variazione genetica e elaborare programmi di conservazione (Marletta et al. 2006; Thirstrup et al. 2008). In questo studio, è stata valutata la variabilità genetica in 3 razze equine indigene siciliane. L’utilizzo  delle informazioni molecolari  ottenute mediante marcatori nucleari e del DNA mitocondriale miarava  a fornire elementi per la definizione di  strategie idonee all’allevamento e alla conservazione.

Materiali e metodi - Prelievo ed estrazione del DNA

Il DNA è stato estratto da prelievi di sangue (10 ml in provette K3-EDTA) cui sono stati sottoposti in tutta la Sicilia 191 cavalli Siciliani legati da pochissime relazioni di parentela: 80 SIC, 61 SAN e 50 SOP (Figura 1). Un sottogruppo di 60 giumente che non avevano tra loro nessun legame di parentela per parte di madre (20 per ciascuna razza) è stato sottoposto all’analisi del DNA mitocondriale.

Amplificazione ed analisi dei micro satelliti

Una serie di 16 STRs (HTG6, HTG10, VHL20, HTG7, HTG4, AHT5, AHT4,HMS3, HMS6, HMS7, HMS2, ASB2, HMS8, HTG15, HMS1 e HMS5) è stata utilizzata per la genotipizzazione mediante un analizzatore genetico ABI PRISM 377 (Applied Biosystems, Foster City, CA). Per ottenere i principali parametri della variabilità genetica è stato utilizzato il software Molkin v.3.0 (Gutiérrez et al. 2005), che è stato anche impiegato per  valutare il contributo di ciascuna razza alla diversità genetica totale secondo i metodi proposti da Caballero e Toro (2002) e Petit et al. (1998).

Al fine di  valutare la distribuzione della variabilità genetica all’interno di ciascuna razza e tra le razze, è stato utilizzato il software FSTAT ver.2.9.3 (Goudet 2001) per stimare le statistiche-F (FIT, FIS e FST), inclusa la popolazione FST pair-wise; la significatività statistica è stata stabilita con metodi basati sulla randomizzazione e corretta  con il metodo Bonferroni per dar conto dei confronti multipli. L’approccio basato su modello proposto da Falush et al. (2003) nel software STRUCTURE 2.2 è stato utilizzato per valutare il clustering genomico del campione. Il modello admixture è stato applicato per dedurre la struttura della popolazione senza utilizzare nessuna informazione precedente (5000000 burn-ins, 500000 iterazioni). Il range di possibili cluster (K) testati andava da 1 a 10 (10 cicli per ciascun K).

Amplificazione ed analisi delle sequenze del  Mt DNA

La regione di controllo mitocondriale (D-loop) è stata amplificata secondo Cozzi et al. (2004) usando dei primers  adattati alla sequenza del cavallo (Acc Num  X79547). Gli amplicon di 397-bp sono stati purificati e sequenziati utilizzando il kit BigDye Terminator v1.1 su un sequenziatore ABI PRISM 310 DNA (Applied Biosystem).

Le sequenze allineate sono state editate in MEGA 4 (Tamura et al. 2007)per poter individuare i siti polimorfici e completare la ricerca BLAST  (http://blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi).

E’ stato  utilizzato Arlequin ver. 3.1 (Excoffier et al. 2005) per effettuare l’analisi della varianza molecolare (AMOVA) all’interno delle razze siciliane (calcolo degli indici F.ST linearizzati di Slatkin) e per valutare la diversità aplotipica (h), la diversità nucleotidica () e il numero medio di differenze fra coppie di sequenze (pair-wise differences)  () del campione siciliano e 118 sequenze (di 397-bp) tratte dalla letteratura.

E’ stato costruito un network seguendo il criterio della massima parsimonia(Polzin e Daneschmand 2003) utilizzando il metodo  median-joining  (Bandelt et al. 1999). L’analisi, eseguita con NETWORK  ver.4.5.0.1 (http://www.flexus-engineering.com), ha incluso sequenze provenienti da diverse razze europee geograficamente distanti.

Risultati

Microsatelliti

Sono stati osservati un notevole polimorfismo autosomico (Tabella 1) ed un flusso di geni relativamente moiderato tra razze (indice FST 5,7%; P <0.001). La SIC era la popolazione più eterogenea nel nostro campione, la SOP presentava la più bassa variabilità. La FIS dedotta per razza era sempre prossima allo zero. Sono stati rilevati in totale 26 alleli specifici per razza (14 nel SOP, 9 nel SIC e 3 nel SAN), sempre ad una frequenza inferiore a 0.010 (dati non mostrati).I valori FST pair-wise erano significativi(P< 0.01), e si è osservata una differenziazione notevolmente maggiore tra SAN e  SOP (10.3%) seguita dal FST tra SIC e SOP(5.9%), mentre SIC e SAN rappresentavano la minore diversità genotipica (2.6%). La distanza di Reynolds (DR) rilevata  tra SAN e SOP (0.112) è stata la più alta, mentre è risultato che le razze più vicine sono SIC  e SAN (0.031). La clustering analysis ha dedotto 3 suddivisioni ancestrali nell’intero campione; la struttura del genoma di SAN e SOP è chiaramente riferibile a clusters distinti con una probabilità del 83.6% e del 95.1% ciascuna; SIC si è raggruppato principalmente in un terzo cluster con una appartenenza  stimata al 71.4%.

Secondo un programma di conservazione mirato a preservare la massima quantità di diversità genetica totale (GDT)e la massima quantità di diversità allelica (ART), ciascuna razza ha dato un contributo favorevole alla variabilità dell’intero insieme, eccezion fatta per la SAN quando abbiamo preso in considerazione il metodo fondato sul numero rarefatto di alleli proposto da Petit et al. (1998).

Sequenze mitocondriali

Sono stati individuati venti aplotipi e 31 siti polimorfici (7.8% in media) (Tabella 2).Visto che solo un aplotipo (U) è stato riscontrato in SOP, tale razza è stata esclusa dall’analisi della diversità molecolare. Per SIC e SAN si sono contati rispettivamente  9 e 6 aplotipi esclusivi. SAN condivide 4 aplotipi con SIC (C, D.H e O) e l’aplotipo U con SOP (Tabella 3). Dall’analisi della diversità molecolare, riportata nella tabella 3, SIC  è risultato più variabile di SAN : quanto a siti polimorfici e numero medio di differenze pair-wise, SIC ha presentato la variabilità più alta anche rispetto alle sequenze della GenBank.

L’analisi AMOVA, attuata solo tra le razze siciliane utilizzando le distanze del parametro K2, ha prodotto una variazione non  significativa tra SAN e SIC (F. ST.=0.046; P> 0.05).

La ricerca BLAST ha dimostrato che 20 aplotipi individuati nel campione siciliano si sovrapponevano alle sequenze della GenBank eccetto che per C, P e S. l’aplotipo B, riscontrato in SIC, è stto individuato esclusivamente in un sito dell’Età del Bronzo (Mongolia Interna; DQ900929); questo dato è degno di nota perché per quanto ne sappiamo questo aplotipo non è stato ritrovato in nessun altro cavallo vivente. Inoltre, 2 aplotipi (K e L) osservati in SAN possono essere considerati  rari in un vasto contesto perché sono stati scoperti solo in poche razze equine. Il median-joining network (Figura 2), costruito secondo Jansenet al. (2002), presentava una  vasta diffusione degli aplotipi autoctoni siciliani che occupavano sia le posizioni centrali che quelle periferiche.

Discussione

Malgrado l’antica e prestigiosa  tradizione equestre, negli ultimi 50 anni, il numero di cavalli allevati in Sicilia ha subito una rapida e notevole diminuzione di cui hanno soprattutto risentito le risorse locali. Nonostante il fatto che il rischio di estinzione incomba su tutte le razze siciliane autoctone, l’analisi genetica ha rivelato una notevole variabilità molecolare, paragonabile a quella riportata nel maremmano (Felicetti et al. 2010), nei danesi autoctoni (Thirstrup et al. 2008) e nel cavallo sud-europeo (Soli set al. 2005; Marletta et al. 2006). La razza SIC ha presentato la maggiore variazione genetica, probabilmente perché si tratta di una popolazione allevata ancora allo stato brado. Al contrario , SOP è risultata la razza meno variabile, anche se sono stati individuati 14 alleli privati; si può spiegare questa grande diversità a partire da:1) la selezione accurata di questa razza, iniziata su un gruppo di cavalli Orientali importati (Balbo 1995) e 2) l’esclusivo utilizzo di stalloni Arabi.

Lo  FST totale altamente significativo per l’intero data set (5,7%) era più basso rispetto ad altri studi  su popolazioni europee con valori mai inferiori  allo 8% (Glowatzki-Mullis et al. 2005; Luis et al. 2007) ma più alto rispetto a 4 razze semi-selvagge autoctone basco-navarresi (Soli set al. 2005). Le stime significative dello FST tra coppie di popolazioni indicano un flusso genetico relativamente basso tra SOP e altre 2 razze siciliane studiate, probabilmente a causa dell’isolamento riproduttivo.  SIC e SAN son stati allevati alla stessa maniera nel passato, e questo potrebbe dar conto della bassa differenziazione genetica (FST 2.6%) rafforzata dalla differenziazione di breve termine della razza (distanze DR), che ha dimostrato  la stretta parentela tra SIC e  SAN.

Secondo i due approcci che affrontano il problema delle priorità nella conservazione, SIC e SOP hanno fornito i maggiori contributi in termini  di variabilità intraspecifica  e divergenza interspecifica. Nell’ambito dei criteri della conservazione, i metodi proposti da Caballero e Toro (2002) e Petit et al. (1998) per preservare un tasso appropriato di diversità indicarono SIC e SOP come le razze di prima scelta. Questo risultato probabilmente è collegato all’assenza di programmi selettivi nella popolazione SIC, che portò ad una rilevante eterozigosità e sottolinea la peculiarità della razza SOP  evidenziata da marcatori autosomici, in linea con l’introduzione di stalloni arabi nei programmi selettivi dei cavalli Siciliani Orientali.

Anche se i lignaggi mitocondriali non sono uno strumento efficace ai fini dell’individuazione delle razze equine, una dettagliata analisi degli aplotipi del DNA mitocondriale può fornire informazioni pertinenti sulla storia e la variazione genetica delle linee materne nelle popolazioni autoctone (Aberle et al. 2007; Kakoi et al. 2007). E’ stata osservata una moderata base genetica di linee materne siciliane, rispetto ad altre razze equine(Cothran et al. 2005; Pérez-Gutiérrez et al. 2008), che si potrebbe in parte spiegare con la mancanza di polimorfismo nelo SOP. Comunque, val la pena di notare che solo 4 su 17 tra i più frequenti aplotipi del DNA mitocondriale (C1, A4, A6 e D2) riportati da Jansen et al. (2002) sono stati individuati nelle razze autoctone siciliane (A, R, Z e T rispettivamente), rivelando un’ampia diversificazione di tali razze a livello mondiale.

Nel complesso, gli aplotipi siciliani sono comuni a o strettamente imparentati con tutti i tipi di cavalli: cavalli da tiro e da equitazione, pony celtici, anche con quelli che sono piuttosto isolati (Pottoka, pony islandese)o geograficamente distanti come i Tuva, Yumman e Cheju. La presenza di aplotipi esclusivi (C, P e S) e rari (B) fa ipotizzare una possibile segregazione geografica dei cavalli SIC e SAN, che probabilmente trae origine da 4 lignaggi materni comuni e ancestrali. Questi lignaggi possono esser fatti risalire all’antica razza siciliana tenuto conto che fino ad ora sono stati ritrovati solo in SIC e SAN.

L’aplotipo unico (U) individuato in SOP corrisponde all’aplotipo A16 appartenente alla linea matrilineare “Dafina” fondatrice del ceppo Keilan  el Krush (Bowling et al. 2000) e si sovrappone alle sequenze della GenBank che provengono da molte razze  alarga diffusione (Arabo, Berbero, Andaluso e Purosangue inglese). L’assenza di questo aplotipo nella popolazione SIC si potrebbe spiegare presupponendo che la selezione del SOP sia partita da nuclei molto piccoli di giumente Orientali importate dalle tribù beduine della Siria e della Mesopotamia nel corso del 19° secolo. Inoltre, l’analisi della genealogia del SOP mostra la presenza di 2 sole  linee femminili diverse (Balbo 1995) che condividono lo stesso aplotipo.  Invece, il ritrovamento dell’aplotipo U all’interno della popolazione SAN indica che una parte rilevante della razza (il 25%) condivide col SOP lo stesso aplotipo, che probabilmente risale ad una comune giumenta fondatrice.

Inoltre, l’AMOVA ha prodotto una variazione non significativa tra SIC e SAN, confermando i risultati ottenuti  mediante i marcatori nucleari e rafforzando l’ipotesi di un’origine comune. Il network median-joining ha evidenziato l’ampia distribuzione degli aplotipi SIC e SAN.  La caratteristica del network che colpisce maggiormente è la netta differenziazione tra 2 aplogruppi  secondo quanto sottolineato da Royo et al. (2005): un gruppo di aplotipi con un motivo CCG  (nt 15 494-15 496) può essere distinto chiaramente dall’altro.Riguardo ai risultati ottenuti da Jansen et al. (2002), l’aplotipo A, ritrovato in 2 cavalli SIC, corrisponde al cluster C1 che contraddistingue i pony Nord-europei;  gli aplotipi R e Z corrispondono rispettivamente ai cluster A4 e A6 ; infine, l’aplotipo T corrisponde al cluster D2. Da tutti i risultati riportati emerge la necessità di respingere ogni associazione concreta degli aplotipi siciliani con un’area geografica o una razza specifica. Questi esiti ottenuti mediante marcatori nucleari (STRs) e mitocondriali (D-loop) sono coerenti e concordi  con i background storici. Entrambi dimostrano la chiara differenziazione genetica tra SOP e le altre due razze Siciliane autoctone, confermando l’accuratezza delle genealogie Stud-Book.

Le razze SIC e SAN attuali sembrano trarre origine da un unico tipo di cavallo, l’antica razza Siciliana, a seguito dell’adozione di diverse strategie di allevamento nel corso dei secoli. Ciò potrebbe spiegare perché SIC e SAN non sono mai stati menzionati come entità genetiche diverse prima della metà del 20° secolo. I cavalli Siciliani a rischio di estinzione andrebbero mantenuti e preservati anche se approcci diversi sembrano suggerire priorità diverse. La presenza di lignaggi femminili peculiari e rari , che pone l’accento sulla conservazione di queste razze come notevoli serbatoi di biodiversità genetica, va presa in considerazione ai fini del miglioramento delle strategie di allevamento.

Tabella I

Dimensioni del campione, numero medio di alleli per locus (An), ricchezza allelica (Ar), eterozigosità osservata e attesa (Ho, He), valori Fis;intraspecifica (GDw), interspecifica(GDb) e contributo totale alla diversità genetica (GDt) secondo Caballero e Toro (2002), intraspecifica (ARw), interspecifica (ARB) e contributo totale alla ricchezza allelica (ART) secondo Petit et al. (1998) in 3 razze equine siciliane autoctone.

Tabella 2

Sostituzioni  nucleotidiche in 20 aplotipi di D-loop  (frammento di 397-bp) individuate in 3 razze equine siciliane autoctone; la nomenclatura degli aplotipi secondo Jansen et al (2002) è riportata fra parentesi

Posizione delle sostituzioni nucleotidiche relative alla sequenza di riferimento  GenBank X79547

Tabella 3

Aplotipo (h) e diversità nucleotidica () con deviazione standard, numero medio di differenze pair-wise () , siti polimorfici (p.s.), e numero di aplotipi (Hn) osservati in SIC, SAN e SOP (numero di individui tra parentesi) e 4 razze equine cosmopolite selezionate nel database GenBank

Figura I. Le tre razze equine native siciliane analizzate.

Figura 2

Network median-joining degli aplotipi appartenenti a 60 cavalli siciliani autoctoni analizzati in questo studio oltre  a sequenze di razze equine europee geograficamente distanti e cosmopolite. I settori sono proporzionali alla frequenza di ciascun aplotipo. I piccoli cerchi grigi stanno ad indicare gli aplotipi mancanti; i nodi sono collegati da numeri che indicano la posizione delle mutazioni. I colori rappresentano le razze così come appaiono nella figura: SOR, Sorraia; LUS ,Lusitano; THO, Purosangue inglese; ARA , Arabo; AND , Andaluso; BAR, Berbero; CHE, Cheju; TUV , Tuva; MON, Mongolo; YUM, Yumman; PRZ, Przewalski  e sequenza di riferimento  X79547……….

Le lettere maiuscole B, C,P e S indicano aplotipi esclusivi e rari; D2, A4, A6 e C1 indicano la nomenclatura secondo Jansen et al. (2002).

 

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