Cavalli e altri amici

L’Olandese sognante.

in Sport

Una volta a Modena c'era il Mercato Bestiame, e la domenica mattina era dedicata agli equini. Da ragazzina potevo permettermi pochissime, sporadiche lezioni in maneggio (a scuola ero una gran briccona e i miei non è che avessero molto da premiarmi) quindi pativo davvero  fame di cavalli, e pur di vederne qualcuno dal vivo mi facevo accompagnare anche lì.  Mi portava il mio papà che sopportava paziente anche per tutta la mattina: era il più grande mercato equino del nord Italia e trattavano più che altro cavalli da carne ma c'erano anche molti cavalli da sella o da attacchi. Si vedeva veramente di tutto, sia in positivo che in negativo: deliziose pariglie di Hackney  e cavalli con le patologie più astruse o acciacchi di sapore medioevale, vecchi professionisti del salto ostacoli e puledri appena scartati dalle piste.

Io me li guardavo tutti, uno per uno (sempre scortata dal papà), cercando di capire il più possibile di loro: razza, età, malanni, carattere. Di solito alla fine della mattina andavo in uno dei capannoni coperti, dove c'erano quelli destinati alla carne e ne sceglievo uno da coccolare per un po': sapevo bene dove sarebbe finito e mi sembrava di dargli almeno una piccola parte  del bene che si meritava  prima che fosse troppo tardi. Chiedevo a tutti e ascoltavo tutti, ho imparato tante cose grazie a quei libri di testo in carne e zoccoli e i mediatori ormai mi conoscevano: erano invariabilmente gentili e mi parlavano sempre volentieri dei loro cavalli.

Un giorno uno di loro, appoggiato al suo camion rosso mi fa "Vieni qui, che oggi ti faccio un regalo: ti va di montarmi un cavallo?" : potete immaginarvi la risposta, ero strafelicissima di potergli montare un cavallo, altroché! non  avevo nemmeno chiesto che cosa fosse, non aveva nessuna importanza: poteva essere il ronzino più malmesso della provincia ma sarebbe stato il mio cavallo almeno per cinque minuti, e avrei fatto del mio meglio per farlo ben figurare  in mezzo agli altri (che era poi quello che serviva al mediatore: "Va da Dio anche con i bambini!....").

Parto  in quarta seguendo il tizio che apre il portello posteriore del camion e sale la rampa, ma dentro era buio e non vedevo niente: sento un cavallo che si muove calmo, il moschettone che fa click nell'anello di una capezza e poi  passi fermi, cadenzati, appena una incertezza appena il cavallo esce con la testa e sbatte gli occhi al sole e finalmente lo vedo....ed è un Frisone, Diobono.

Mio papà è dall'altra parte della rampa, vede la mia faccia e scoppia a ridere: devo essere il ritratto dello stupore meravigliato perché allora i Frisoni non erano per niente comuni fuori dall'Olanda, e io li conoscevo esclusivamente per averne letto sui libri; una specie di cavallo delle favole - reale quanto un unicorno per me, né più né meno.

"E' intero ma  buono, stai tranquilla" dice il Santo Mediatore, mentre lega l'estremità della longhina all'altro anello laterale della capezza e si mette accosto al cavallo con la mano bassa, per darmi la gamba e aiutarmi a salire in groppa: mi attacco ad un ciuffo di quella stupenda criniera e in un attimo sono lassù, proprio sopra al mondo.

Non capisco niente, non sento niente, non vedo niente: sento solo che lui è calmo, attento e sta aspettando che gli dica cosa fare. Mi aggiusto meglio la longhina tra le dita, raddrizzo la schiena e appoggio un pochino le gambe, mica per fare qualcosa di preciso ma solo per cercare di essere il più ben messa possibile: non per me, ma per lui che è così bello.  Lui parte al passo, composto e lento: i suoi zoccoli si appoggiano sull'asfalto con decisione, ha dei movimenti così ampi che il ritmo dei suoi passi è del tutto diverso da quello degli altri cavalli. Vado fino in fondo al cortile poi torno indietro, sempre al passo - lui risponde perfettamente anche in capezza, il collo rotondo e la testa morbida, vedo i riflessi blu del suo mantello corvino e penso che non ho mai visto una stoffa bella la metà. Lo fermo un attimo , guardo il mediatore che mi fa un cenno con la testa come per dire "Continua così" e allora continuo, eccheccribbio!

Una paio di volte, un po' di trotto e sempre quella sensazione di sentirlo in ascolto, attento e pensante: e bello, terribilmente bello, meravigliosamente bello e tutti lo guardavano e io ero la ragazzina più felice di tutto il mondo.

Probabilmente tornando a casa galleggiavo a mezz'aria dalla felicità. Ma non ero l'unica: poco tempo fa ho sentito mio papà raccontare a un amico di quella volta che ho montato il cavallo nero al Mercato bestiame...ed era ancora emozionato, anche lui.

Trovate i Frisoni anche su Cavallo Magazine  di questo mese, se avete voglia di saperne di più.

 

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