Sono sempre cavalli.
Al Foro Boario di Modena di cavalli ne sono sempre passati tanti: adesso la bella palazzina voluta dal Duca Francesco IV « Honori et comodo fidelium agricolarum» ospita la facoltà di Economia e Commercio in un'ala ed esposizioni assortite nell'altra, ma in origine era stata costruita per il commercio del bestiame. Fa da quinta alla vecchia Piazza d'Armi che proprio lì, alle sue spalle, accoglieva prove e manovre dei reparti ducali prima e degli allievi dell'Accademia poi, e anche il vecchio ippodromo cittadino: le scuderie storiche del trotto modenese erano tutte lì attorno fino agli anni cinquanta, e l'anello più interno della pista era anche il percorso preferito dai gentiluomini di città per la loro cavalcata mattutina.
Ora l'ippodromo è altrove, qui non si vedono più cadetti impegnati in caroselli e cross e nemmeno il concorso ippico internazionale che ancora pochissimi anni fa continuava a portare i cavalli a due passi dalla Ghirlandina. Ma fino alla settimana scorsa, anche se solo come simbolo e metafora i cavalli sono tornati.
E' stata la mostra dedicata a Gilles Villeneuve a portarceli: organizzata da uno dei suoi fan più sfegatati, Jonathan Giacobazzi (supportato da tutta la sua famiglia, non solo sponsor ma anche veri amici) ha radunato proprio qui la sua collezione di oggetti appartenuti al pilota più amato della scuderia del cavallino rampante, e non solo. La passione chiama passione e in tanti si sono uniti a Jonathan per aggiungere un pezzo alla storia raccontata in queste sale e il risultato finale è stata una full-immersion in anni passati, così' diversi dai nostri anche solo relativamente al mondo delle corse di F1. Si vede dalle foto che la gente era diversa, l'ambiente più semplice, umano e stava a quello odierno come l'artigianato sta all'industria - l'uomo e le sue intuizioni erano molto più immediatamente vicini a quei bolidi rombanti che erano i nonni delle attuali macchine da Gran Premio.
Ma i cavalli, direte voi? cavallini a parte, li ho ritrovati in un quadro di Paolino Scaramelli, mitico meccanico della Ferrari di Gilles che non era solo un artista della F1 ma è capace anche di prendere in mano un pennello e raccontarci storie. E il quadro dove ha messo Gilles, pensoso, a guardare una batteria di focosi destrieri neri che sbuffano i titoli dei GP vinti dalle nari fumanti come quelli di draghi la dice lunga sul sangue e sul coraggio che era necessario a domare quelle piste, con quelle macchine.
Villeneuve una volta aveva detto: "....perché io, di sentire dei cavalli che mi spingono la schiena, ne ho bisogno come dell'aria che respiro". Ed è una cosa da veri cavalieri coraggiosi, una cosa che solo gente che ama cavalcare tigri e paure sa come si fa a tirare fuori: e se non siete tra quelli che hanno visitato la mostra mi spiace, perché davvero trasmetteva emozione.
Nella foto: La palazzina del Foro Boario negli anni '30, con trottatore - immagine tratta dall'archivio del Fotomuseo Giuseppe Panini