Cavalli e altri amici

Elogio della Cavia.

 

Mi avrebbe dovuto insospettire il fatto che lo volesse   il Vet: che una volta era (per l'appunto) il veterinario di tutto il vario bestiame di cui mi circondo, per poi diventare mio compagno di vita nonché padre del nostro comune virgulto (tra gli amici di cavalli da sempre noto come “il Cavalierino”).  Non era mica normale che proprio lui, dopo giornate intere passate tra animali di tutti i generi e specie e costretto agli slalom tra gatti, cane e cavallo di casa  patisse voglia di un altro bestiolo da accudire a domicilio. Oltretutto così apparentemente banale e comune: un Porcellino d'India, o Cavia Peruviana.

Da un po' tastava il terreno sull'argomento, dopo tutto la casa è piccola e siamo già al livello di guardia per quanto riguarda spazi e tempi disponibili ma non mi sarei mai sognata di oppormi a una cavietta, per quanto potesse sembrare stramba: infatti il Vet aspettava con ansia la nascita di un esemplare nudo (detto “Skinny”) da un amico, fortunato possessore di una mamma cavia (normodotata dal punto di vista pilifero) che ogni tanto ne sforna uno con questa caratteristica,  frutto di un gene recessivo.

Dopo un paio di mesi d'attesa è finalmente arrivato Bertoldo: un robino tutto rosa con le orecchiotte tonde nere a mo' di Panda, ignudo come un verme a parte un ciuffetto su zampe e naso e per giunta con gli occhietti rossi da albino. Subito mi pareva un topastro alieno strafatto di crack: tutto teso per l'emozione di trovarsi in un posto nuovo si guardava in giro stupefatto, e viste le sue caratteristiche somatiche era  francamente inquietante con gli occhi fuori dalle orbite per l'ansia. Ma sembrare così svestito e inerme me lo ha fatto subito trovare simpatico e mentre il Vet gli preparava la super-gabbia (per la cronaca: è grande più o meno come una vasca da bagno e troneggia in salotto, tra lo stereo e la credenza dei piatti) l'ho preso un po' in collo per fare conoscenza....e m'ha fregata subito lui, Bertoldo la Cavia - alias Il Conquistatore. Che prima ti guarda tutto tremebondo e poi si accoccola al calduccio dentro le maniche del golf o con il nasino infilato sotto il tuo collo, e lo senti che si rilassa quando lo accarezzi e si sciroppa tutte le coccole che hai voglia di somministrargli senza fare un plissé. Cerca il contatto, ti si mette vicino, è capace di superare le sue paure e  darti la possibilità di dimostrare che non gli farai male nonostante mole, confusione  e modi spicci tipici di noi umani.

E adesso siamo tutti  (Vet, moi et Cavalierino) innamorati di lui: che se lo pigli in braccio e non ti conosce è tutto impaurito e trema, ma ci mette cinque secondi secchi a capire se può fidarsi oppure no e si comporta di conseguenza; che dopo due giorni sapeva già chi ero (“Quella dell'insalata, whow!”) e quando gli dico “Grattini, Bertie?” si ferma in punta col musetto all'insù per favorirmi nella coccola, tutto aspettativa. Ma secondo voi è logico che tre adulti assuefatti più o meno ad ogni rappresentante del Regno Animale (nostro figlio si può dire sia cresciuto in una stalla, e per lui a due anni era normale giocare con i cuccioli di giaguaro di un cliente di papà) abbiano come primo pensiero la mattina di andare a vedere se Bertie è a posto, e la sera non vadano a nanna senza aver salutato il robino rosa che se ne sta lì composto nel suo angolino, affogato di fieno?

Quel musetto curioso  ti gratifica in  maniera (apparentemente) incomprensibile solo per il fatto di essere, chiaramente, fiducioso e tranquillo.

Perché il segreto di Bertie è tutto qua, mi sembra: è del tutto irresistibile un cosino tenero e delicato e timoroso che impara a fidarsi di te. Nel suo piccolo somiglia molto a un cavallo, altro animale estremamente timido che avrebbe nella fuga la sua arma migliore e che pure impara a credere in noi. E in fondo è proprio questa fiducia generosa ciò che lega così tanto, e così forte, un cavaliere al proprio destriero.

Bertie non può certo portare la sella, direte voi: fa lo stesso, in compenso fatte le dovute proporzioni è sicuramente in grado di mangiare più carote del mio equino. Un robino piccolo così, semplice inerme e mitissimo: ma non è fantastico che anche lui riesca ad insegnarci qualche cosa? Pensateci su, io intanto vado a fargli un po' di grattini.

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