Quattro volte su cinque l’infarto si potrebbe scongiurare con una prevenzione corretta, peso corporeo nei limiti della norma, dieta sana, niente fumo e nemmeno inquinamento, poco alcol e tanto movimento. Ce lo ripetiamo da sempre e puntualmente ecco arrivare un grosso studio, questa volta svedese, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, che ci fa sentire in colpa. Anche stavolta il responso è implacabile, gli uomini attivi e relativamente magri hanno un rischio di infarto ridotto dell’86%.  Beati loro. Lo studio riguardava quasi 21 mila soggetti di sesso maschile dai 45 ai 79 anni, che sono stati seguiti per una media di 11 anni da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma.

L’incidenza delle malattie di cuore si è ridotta anche grazie alla medicina moderna (statine, bypass, anticoagulanti, antipertensivi e via dicendo) ma ancora di più si potrebbe ottenere, si dice, mantenendo corretti stili di vita. Il fatto è proprio qui, sappiamo bene di dover mangiare meno e muoversi di più, col passare degli anni dall’adolescenza alla maturità, ma questo alla maggioranza delle persone non accade. Ci vorrebbe la bacchetta magica per trasformare le abitudini di milioni di persone che, per dovere o per atteggiamento mentale, vuoi per effetto della pubblicità o semplicemente perché si drogano di lavoro, restano sedute per ore incollate sulla sedia davanti al computer, e quando tornano a casa sprofondano sul divano davanti alla tv o mangiano di notte.

In Italia avevamo la dieta mediterranea, e la crisi sta spingendo verso i cibi veloci, precotti e scaldati a microonde, o conservati in scatola, che non sempre hanno i valori nutrizionali del prodotto fresco. E’ quanto emerso a Venezia durante l’ultima giornata di The Future of Science, l’incontro internazionale promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi e dedicato quest’anno al tema delle piaghe alimentari globali, la fame nel Sud del mondo, e il sovrappeso, la croce di quella minoranza di persone che, nei paesi cosiddetti evoluti, mangia troppo, si ammala di diabete e sottopone il cuore a inutili fatiche.

Ad affrontare i temi dell’alimentazione corretta sono stati, tra gli altri, Maria Benedetti Donati, dell’Istituto Neurologico Mediterraneo, e Katia Petroni, biologa dell’Università di Milano. Se gli effetti della dieta mediterranea erano noti da tempo, di recente la ricerca che ha certificato gli effetti benefici del consumo di frutta, verdura, pesce, cereali integrali, frutta secca, olio d’oliva e poco vino. Cala l’incidenza di malattie cardiovascolari, meno tumori ormono-dipendenti e si allontana lo spettro di alcune malattie neurodegenerative.

La dieta mediterranea segna il passo a causa della crisi. Katia Petroni sottolinea che al contrario, il valore degli alimenti freschi, frutta e verdura di stagione, viene confermato da una branca della scienza, la nutrigenomica, che cerca mette in relazione proteine, zuccheri e grassi con la loro capacita di accendere o spegnere i geni che regolano il metabolismo cellulare. In ultima analisi occorre mangiare meno per smettere di alimentare le cellule cattive, le prime che festeggiano quando ingeriamo troppe calorie. Ora, siamo tutti convinti che dobbiamo tirare la cinghia e soffrire. Lo step successivo è che gli scienziati trovino la formula (una pillola, un microchip, un mantra o qualche diavoleria) che sia veramente in grado di ipnotizzarci e farci resistere davanti alle mille tentazioni della tavola.

Alessandro Malpelo

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