Si chiama Robot Penis uno dei progetti più originali della Scuola Sant’Anna di Pisa. Sergio Tarantino, Alessandro Diodato e Andrea Cafarelli (dottorati di ricerca dell’Istituto di BioRobotica) hanno trasferito il know how della mano artificiale per concepire un organo sessuale bioingegnerizzato, in grado cioè di essere impiantato nel corpo umano come un pezzo di ricambio e funzionare di conseguenza con relativi feedback.

Rispetto ai sistemi attuali (falloplastica, inserimento di protesi fisse e trapianto, soluzioni propettabili in caso di evirazione o di amputazione, ma anche nei più diffusi casi di impotenza indifferenti ai farmaci) l’obiettivo è di rendere il funzionamento dei genitali maschili in maniera sempre più simile a quanto accade in natura. Ovvero la possibilità di reagire a stimoli sessuali, fantasie, desideri, pulsioni erotiche, senza dover muovere congegni strani. Sarà il pensiero il regista, lo stesso che muove volontariamente la mano per afferrare un oggetto, e che trasmette al cervello stimoli sensitivi legati al tatto (percepire la differenza tra una carezza, un pizzicotto) e restituire alla persona curata chirurgicamente il piacere sessuale fino all’orgasmo e la possibilità di distinguere i diversi tipi di effusioni. «Finora il paziente recupera la percezione sensoriale solo in parte – spiegano i ricercatori – e la potenza sessuale non si esprime in maniera spontanea».

Chi ha bisogno del pene robot? Non solo uomini che hanno avuto una menomazione come una circoncisione traumatica ma anche soggetti che hanno subito interventi demolitivi per rimuovere cisti e noduli, e disforie di genere, per il cambio di sesso nella donna che chiede un intervento di chirurgia plastica per assumere connotati di virilità.

Per sviluppare il progetto i ricercatori hanno studiato lo stato dell’arte, cioè le soluzioni attualmente offerte in urologia e andrologia, le ricostruzioni dei genitali, i rivestimenti con pelle prelevata dalla schiena, e hanno implementato l’esperienza della mano robotica, in questo caso collegando i nervi periferici alle vie che conducono alla corteccia, in modo da arrivare ad attivare i muscoli che promuovono l’erezione senza necessità di azionare pompette, cilindri, o di ricorrere agli afrodisiaci, per non dire al viagra.

Il prossimo passo sarà la startup, la ricerca di finanziamenti da parte di potenziali investitori, con l’auspicio di giungere nei prossimi 12 mesi a un primo prototipo funzionante del dispositivo.

Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale, 21 aprile 2015

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