Mauro Campanini presidente Fadoi
I reparti di medicina negli ospedali sono talvolta la valvola di sfogo del pronto soccorso. Gli specialisti di medicina interna hanno un piano per ridurre l’impatto dei ripetuti ricoveri ospedalieri. Cartella clinica informatizzata, monitoraggio a domicilio. Belle parole, ma i fatti? Lo chiediamo a Mauro Campanini, presidente Fadoi, Federazione degli internisti.
Dottor Campanini, il sistema sanitario costa troppi soldi, la gente si lamenta e preme sugli ospedali.
«Noi internisti stiamo studiando come dimettere i pazienti e monitorarli a casa. Vogliamo dare una assistenza migliore».
Ma a casa i malati non rischiano forse di essere trascurati o dimenticati?
«Questo è il punto. Abbiamo persone che vengono ricoverate anche tre o quattro volte in un anno per ricadute, occorre migliorare l’integrazione con il territorio».
Se ne parla da tanti anni, eppure…
«E noi portiamo all’attenzione delle istituzioni un progetto di dimissioni protette dei pazienti con insufficienza respiratoria, la prima causa di ricovero in medicina interna, legata a cuore e polmone, alla broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e allo scompenso cardiaco».
Che cosa cambierebbe in concreto?
«Una volta che il paziente esce dall’ospedale viene monitorato, seguito a distanza. La cartella clinica per questo deve essere informatizzata, condivisa».
E con quali strumenti si potrebbe concretizzare l’assistenza a domicilio?
«La risposta è la telemedicina, la dimissione protetta del paziente con monitoraggio dei parametri a domicilio. Abbiamo uno studio in fase di valutazione che va incontro al decreto Stato Regioni del novembre 2014. Ci vogliono però opportuni investimenti. E la collaborazione di tutte le figure coinvolte nell’assistenza».
Il dialogo tra ospedale, medici di famiglia e assistenti sociali non è mai facile
«Per questo bisogna migliorare l’integrazione tra ospedale e territorio. Oggi la geografia è a macchia di leopardo. Ci sono realtà dove già esiste una forte integrazione, e altre dove questa cultura non riesce a decollare. Il percorso deve essere codificato e reso operativo».
Ne avete parlato con le istituzioni?
«Abbiamo progetti di telemedicina concordati con il Ministero della Salute. La scommessa, per la sostenibilità del sistema, è ridurre l’incidenza delle riacutizzazioni delle malattie croniche».
Per capirci, a quali ricadute allude?
«Cuore, arterie, asma, enfisema. Abitudini come il fumo, l’alcol, la sedentarietà sono in parte ineliminabili. Ma c’è un lavoro più complesso da fare, in termini di appropriatezza delle cure, che può portare ad avere meno accessi al pronto soccorso e ricoveri. Questo nostro progetto punta a sfruttare le nuove tecnologie».
Ne parlerete al vostro congresso?
«Sì, e in modo molto pratico, finalizzato anche alla formazione dei giovani medici, che sono il 40% dei nostri iscritti».

Intervista di Alessandro Malpelo – pubblicata su QN Quotidiano Nazionale del 12 maggio 2016

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