«HO CONOSCIUTO il genio della bellezza alla New York University nel 1977, in sala operatoria. Eseguivo un intervento di riduzione della mammella quando entrarono il direttore dell’ospedale e due professori, tutti bardati. Uno dei visitatori rivolgendomi la parola si tolse la maschera e, sorpresa, riconobbi il grande Ivo Pitanguy».

Mario Pelle Ceravolo, presidente Aicpe international, associazione di chirurgia plastica estetica, docente ai master dell’Università di Padova, ricorda con emozione. «Eravamo giovani, lui mi offrì di lavorare e studiare in Brasile per un periodo di due settimane. Alla fine sono stati sei anni meravigliosi durante i quali abbiamo realizzato insieme più di tremila lifting. Ero il suo assistente, l’ho anche aiutato a scrivere un libro, e nei 25 anni a venire si è sviluppato un rapporto fantastico».

Professore, che doti aveva Pitanguy?

«Eclettico e dominatore, conosceva cinque lingue. In clinica imponeva ritmi stressanti, otteneva risultati straordinari, senza dolore».

Quando è venuta la notorietà internazionale?

«Subito, agli esordi della carriera, per l’abilità nel cancellare le cicatrici da ustioni. Una notte scoppiò un incendio al circo di Rio, gli affidarono tutti gli artisti che erano rimasti coinvolti nel rogo. Fece scalpore anche il caso di una principessa degli Emirati arabi che fu scortata in Brasile a curarsi perché durante la prima notte di matrimonio si era bruciata le gambe vicino a un braciere ardente».

Si favoleggia dei personaggi famosi

«Ma il direttore ci faceva giurare di non svelare mai un nome, e così è stato. Comunque, dalle star di Hollywood alle famiglie reali, dai miliardari alle consorti dei capi di stato, è risaputo che i vip, dico quelli veri, cavalcano il successo attraverso l’immagine».

I ritocchi sono poi diventati un fenomeno di massa anche in Italia…

«C’è stata una evoluzione, certi interventi che una volta sembravano roba da ricchi oggi sono accessibili, e richiestissimi da tutti».

Quali interventi vanno per la maggiore?

«Volto, naso, seno e non solo. Ad esempio, con Pitanguy si è affermato il modo ideale di correggere la culotte de cheval, l’accumolo di grasso delle cosce prima dell’avvento della lipoaspirazione. Donne con il fianco largo, la silhouette a clessidra, possono farsi rimodellare ad arte».

Ci sono purtroppo tante persone che si rovinano per la smania di apparire. Cosa dice di certe trasformazioni innaturali?

«Il fatto è che una volta eravamo pochi in questo campo… Oggi in mezzo a tanti onesti professionisti, la maggioranza, puoi trovare chi è attratto da facili guadagni, chi commette errori perché non ha titoli, oppure chi si presta a esaudire qualunque bizzarra richiesta senza battere ciglio».

Anche i seni rifatti, a volte, sono deludenti…

«Ma questi inconvenienti sono ormai superati con l’adozione di nuovi materiali. Pitanguy per primo aveva intuito che le protesi mammarie di silicone rivestito di poliuretano hanno la resa migliore. Arriviamo così a scongiurare il 99 per cento delle imperfezioni».

Cosa altro è migliorato?

«Tra le invenzioni degli ultimi dieci anni sicuramente c’è il trapianto di grasso, utilizzato per ricreare volume, estrarre staminali e ringiovanire i tessuti. Passi avanti importanti si sono fatti anche nell’addominoplastica, la tecnica per eliminare i depositi adiposi sulla pancia. La base anatomica è rimasta la stessa, ora riusciamo anche ad abbreviare il decorso postoperatorio, con un approccio meno invasivo».

Sacrifici, costi, ma quale molla spinge una persona da voi in ambulatorio?

«La gente davanti allo specchio vuole vedere un corpo sempre in ordine, bello e armonioso. Noi offriamo soluzioni per mitigare i segni del tempo, e regaliamo un po’ di felicità».

Sempre più uomini si rivolgono al chirurgo plastico.

«I maschi rappresentano dal dieci al quindici per cento della nostra casistica, siamo sui 150mila interventi l’anno. I ragazzi tra i 17 e i 25 anni chiedono maggiormente la rinoplastica, i più adulti la liposuzione e la blefaroplastica Sopra i 50 anni lo scopo diventa quello di apparire più giovani per dare l’idea di efficienza nel lavoro».

Intervista di Alessandro Malpelo

Pubblicata su QN Quotidiano Nazionale