SBAGLIATI. E peggiori del Negroni sbagliato. Utili e social, economici, non sempre sani. Belli solo se frequentati da belli. Non ho mai amato gli «happy hour» (la felicità ha un costo diverso) ma soprattutto ho sempre evitato quel che rotola nel piatto. Alcol sbagliato e cibo sbagliato. Meglio un Negroni e due olive vere, un Martini d’annata (roba da collezionisti, romanzi e vecchi film). Mi piace invece un aperitivo che per un impegno, di solito gradevole, o impegni, normalmente ineludibili, mi porti in un ristorante del cuore che apre prima a menù ridotto. O non chiude mai. Nello street food napoletano di Frjienno e Magnanno di Benedetto Marcello, forno e friggitoria (ristorante e pizzeria), emporio di selezioni che vanno oltre Slow Food.

Per il resto, si va dal concept totale di Cascina Cuccagna e Unpostoamilano (incrocio via Muratori), aperta dal mattino mezzanotte in gastronomia e nel dehors, menù di mezzogiorno e carta la sera, al Ladybù, di fianco alla storica Cremeria Buonarroti (fermata Wagner). Bistrot negozio aperto dalle 8,30 alle 22,30. Piatti di terra e acqua e verzura per chef Nicola Cavallaro a Unpostoamilano, declinazioni geniali sulla bufala campana Dop del Frosinate, azienda modello, per Ladybù, che nasce da una costola di Almo e Nadia, con il giovane chef Riccardo Orfino.

Anche al Taglio, coffee bar, emporio con banco alimentare, ristorante in via Vigevano al 10 in Porta Genova, l’aperitivo cavalca menù e prodotti in vendita. Aperto dalla prima colazione alla notte, grazie ai soci e al talentuoso chef Domenico Della Salandra. Si chiude in crescendo con i «rubitt», le piccole cose buone del Ratanà di Cesare Battisti, degustazione di piccoli piatti e sfizi, cucina in miniatura, vini e birre artigianali all’altezza. Su prenotazione. Un «non aperitivo», quindi in tema, è quello sushi mediterraneo e fusion informata del Bento in Garibaldi. Tapas di crudo e altre sorprese, cucina vera (la consulenza è di Andrea Alfieri).

di Marco Mangiarotti