MERCATO. Atto agricolo. Terra Madre. Il verbo di Carlin Petrini lancia un’ombra lunga e luminosa sul sentiero di Expo 2015. Dal Salone del Gusto, figlio e motore ormai di una biodiversità globale. Merito di Slow Food e di chi lavora la terra e sulla terra, produttori, allevatori, trasformatori. Ma come ha ribadito Oscar Farinetti, abbiamo poche settimane, mesi, anni, per portare all’Italia e al Mondo il nostro patrimonio agroalimentare e per farne il moltiplicatore, con i beni culturali (pani e beni), della rinascita, non solo economica, di questo Paese. Una sfida straordinaria, che deve corrispondere però a una svolta culturale. Si va a Torino, Parma, Verona, Milano, per capire, imparare, archiviare nuove scoperte nella personale teca del gusto, ma soprattutto per conoscere uomini e storie. Per imparare. Mentre il boom del salone torinese è anche il trionfo di chi va per spiluccare (fare magnifici assaggi a prezzi contenuti). Per questo non amo i grandi raduni. Ho bisogno di guardare il cibo e le persone negli occhi, di avere tempo e spazio per una conoscenza, mi piacciono i piccoli mercati, gli incontri con le aziende, magari in azienda. Annusare il territorio. Poi sarebbe anche ora di fare seriamente sistema. Torino è Slow Food, Parma e Verona, dal piccolo al grande, la provincia che resiste facendo il gioco di chi apre in Europa fiere di dimensioni globali. A Milano accadono molte iniziative, un po’ personali, un po’ sparse. Se non verrannno messe in rete, anche con Coldiretti e Slow Food, partendo dall’Expo, sarà l’enensima occasione perduta.