IL LUSSO del cibo è nel cibo. Onore e simpatia, quindi, alle nuove stelle Michelin, soprattutto ai giovani che lavorano al Sud, come Martina e Luca Caruso all’hotel Signum di Salina e Giovanni Santoro allo Shalai di Linguaglossa sull’Etna, che apprezzo e conosco. Ma preferisco raccontare i bravi cuochi della terra di mezzo, più vicini alle radici che al cielo. Cesare Battisti, chef del Ratanà di Milano, ne è un esempio. Tecnica, ricerca della materia prima, reputazione, umiltà orgogliosa, Cesare fa sistema con gli amici soci dell’Erba Brusca e i produttori che poi diventano suoi amici. È una miniera di storie e sapori, come il Cappone dei Gonzaga su cui ha costruito un menù invernale. “Guarda che meraviglia! Tutte le mattine si abbeverano nel laghetto di acqua sorgiva dell’azienda. Compravo i migliori capponi francesi – confessa -, poi ho scoperto che a Mantova Gianfranco e Raffaella Cantadori li allevano per almeno 8 mesi liberi nel bosco dell’Azienda Agricola a San Giacomo delle Segnate.

DOVE hanno tagliato alberi per piantare biancospino e corniole utili a una dieta a base di bacche, nocciole, noci e insetti. Oltre al mais marano (con farine di soia e crusca nell’ultimo mese). Li ho incontrati al Mercato del Duomo, Gianfranco promette “gallinelle con le uova dentro” e sorride. Domenico Liggeri riferisce la ricetta ducale del cappone che cuoce nella vescica di bue sospeso sopra l’acqua con una canna di sambuco che fa uscire in alto il vapore e, capovolta la “zampogna”, il grasso che condisce la cottura a bassa temperatura. Nella loro osteria, sulla guida Slow Food. “Li comprano i francesi”. Lui ne fa agnoli nel suo brodo squisiti, il cappone bollito con patata e cipolla Giarratana, la “nostra” mostarda di mele rosa dei Monti Sibillini. Il ragù di frattaglie (imperdibile)”. Come il riso della Riserva San Massimo, biologico, “nel cuore di una tenuta di caccia con i caprioli ai bordi di risaie lasciate al naturale. Le uova della Cascina Mana di Monastirolo del Castello, da livornesi bianche che hanno la metà del colesterolo e più omega 3. E i miei produttori li dò a tutti, perché devono vendere”. Stiamo parlando di stalle, non di stelle.