ORGOGLIO Sangiovese, Roberto Stucchi Prinetti porta con la sorella Emanuela e la mamma Lorenza quattro bottiglie di Badia a Coltibuono e una novità assoluta, da abbinare con il menu studiato da Andrea Berton. Famiglia milanese che eredita nel 1846 la magnifica residenza nella millenaria Abbazia di San Lorenzo, il giardino all’italiana e l’agriturismo di charme, le vigne e i siti archeologici etrusco romani che testimoniano la presenza della civiltà del vino da Duemila anni in quei luoghi. Ristorante con scuola di cucina (la signora Lorenza ha tenuto lezioni di cucina alla Pbs), cantina storica e azienda che fa ricerca anche in controtendenza rispetto ai grandi vigneron del Chianti Classico. Siamo a Gaiole in Chianti, Siena, e l’ultima sfida è un uvaggio di nove autoctoni in parti uguali, Mammolo, Ciliegiolo, Pugnitello, Colorino, Sanforte, Malvasia nera, Canaiolo, Fogliatonda e il Sangiovese.

IL RISULTATO è una declinazione internazionale della nostra biodiversità, il Montebello Toscana Igt 2011 di Badia a Coltibuono, solo 3600 bottiglie che del Chianti mantengono forza ed eleganza ma con un’armonia più complessa, dove è il Sangiovese a conferire rotondità agli autoctoni. Roberto, ceo e “tecnico” della proprietà, ricorda che “questi nove autoctoni, da sempre presenti negli uvaggi tradizionali del Chianti Classico, sono stati recuperati e messi a dimora nei nostri vigneti”. E l’annata 2011 è ancora più intrigante perché estrema. “Caldissima e siccitosa. Il Sangiovese, per esempio, ha avuto un inizio raccolta da record, cioè il 28 agosto. Quando sono entrato in cantina, fine anni Ottanta, lo si vendemmiava la prima settimana di ottobre. Non facciamo denominazione di vigneti perché clima e terroir ci regalano una qualità omogenea sui 60 ettari vitati (65 la tenuta). I vigneti sono stati reimpiantati nel 1988 con cloni nostri e selezione massale (dalle migliori piante delle vigne vecchie). Da vent’anni siamo in agricoltura biologica. Esperti in Sangiovese, ma innovatori. Per il Montebello “ogni vitigno viene raccolto e vinificato separatamente con lieviti indigeni, per un anno. Vengono poi assemblati e stanno un altro anno in botti di rovere”.